Santa SUOR FAUSTINA KOWALSKA e da SUOR JOSEFA MENANDEZ
Viaggio
nell'inferno di
Santa
SUOR FAUSTINA
KOWALSKA.
Dal suo diario apprendiamo quanto segue…
20.x.1936. (II°
Quaderno)
Oggi, sotto la guida di un angelo, sono stata
negli abissi
dell'inferno.
E un luogo di grandi tormenti per tutta la
sua estensione
spaventosamente
grande.
Queste le varie pene che ho viste: la prima
pena, quella che
costituisce
l'inferno, è la
perdita di Dio;
la seconda, i continui rimorsi di coscienza;
la terza, la consapevolezza che quella sorte
non cambierà
mai;
la quarta pena è il fuoco che penetra
l'anima, ma non
l'annienta; è
una pena
terribile: è un
fuoco puramente
spirituale
acceso dall'ira
di Dio;
la quinta pena è l'oscurità continua, un
orribile
soffocante
fetore, e benché
sia buio i
demoni e le
anime dannate si
vedono fra di
loro e vedono
tutto il male
degli altri ed
il proprio;
la sesta pena è la compagnia continua di
satana;
la settima pena è la tremenda disperazione,
l'odio di Dio,
le imprecazioni,
le maledizioni,
le bestemmie
Queste sono pene che tutti i dannati soffrono
insieme, ma
questa non è la
fine dei
tormenti.
Ci sono tormenti particolari per le varie
anime che sono i
tormenti dei
sensi.
Ogni anima con quello che ha peccato viene
tormentata in
maniera tremenda
e
indescrivibile._
Ci sono delle orribili caverne, voragini di
tormenti, dove
ogni supplizio
si differenzia
dall'altro.
Sarei morta alla
vista di quelle
orribIli
torture, se non
mi avesse
sostenuta
l'onnipotenza di
Dio.
Il peccatore sappia che col senso col quale
pecca verrà
torturato per
tutta
l'eternità.
Scrivo questo per ordine di Dio, affinché
*nessun'anima si
giustifichi
dicendo che
l'inferno non
c'è,* *oppure
che nessuno c’è
mai stato e
nessuno sa come
sia.*
Io, Suor Faustina, per ordine di Dio sono
stata negli
abissi
dell'inferno,
allo scopo di
raccontarlo alle
anime e
testimoniare che
l'inferno c'è.
Ora non posso parlare di questo. Ho l'ordine
da Dio di
lasciarlo per
iscritto.
I demoni hanno dimostrato un grande odio
contro di me, ma
per ordine di
Dio hanno dovuto
ubbidirmi.
*Quello che ho scritto è una debole ombra
delle cose che
ho visto. Una
cosa ho notato e
cioè che la
maggior parte
delle anime che
ci sono, sono
anime che non
credevano che ci
fosse l'inferno.
Quando ritornai in me, non riuscivo a
riprendermi per
lo spavento, al
pensiero che
delle anime là
soffrono così
tremendamente,
per questo prego
con maggior
fervore per la
conversione dei
peccatori, ed
invoco
incessantemente
la Misericordia
di Dio per
loro.
O mio Gesù, preferisco agonizzare fino alla
fine del mondo
nelle più grandi
torture,
piuttosto che
offenderTi col
più piccolo
peccato.
Suor Faustina Kowalska
SUOR JOSEFA MENANDEZ E L'INFERNO
"In un istante mi trovai nell'inferno, ma
senza esservi
trascinata come
le altre volte,
e proprio come
vi devono cadere
i dannati.
L'anima vi si
precipita da se
stessa, vi si
getta come se
desiderasse
sparire dalla
vista di Dio,
per poterlo
odiare e
maledire.
L'anima mia si lasciò cadere in un abisso di
cui non si
poteva vedere il
fondo, perché
immenso... Ho
visto l'inferno
come sempre:
antri e fuoco.
Benché non si
vedano forme
corporali, i
tormenti
straziano le
anime dannate
(che tra loro si
conoscono) come
se i loro corpi
fossero
presenti.
Fui spinta in una nicchia di fuoco e
schiacciata come
tra piastre
roventi e come
se dei ferri e
delle punte
aguzze
arroventate si
infiggessero nel
mio corpo.
Ho sentito come se, pur senza riuscirci, si
volesse
strapparmi la
lingua, cosa che
mi riduceva agli
estremi, con un
atroce dolore.
Gli occhi mi
sembrava che
uscissero
dall'orbita,
credo a causa
del fuoco che li
bruciava
orrendamente.
Non si può né muovere un dito per cercare
sollievo, né
cambiare
posizione; il
corpo è come
compresso. Gli
orecchi sono
come storditi
dalle grida
orrende e
confuse che non
cessano un solo
istante.
Un odore nauseabondo e una ripugnante
asfissia invade
tutti, come se
bruciasse carne
in putrefazione
con pece e
zolfo.
Tutto questo l'ho provato come nelle altre
occasioni e,
sebbene questi
tormenti siano
terribili,
sarebbero un
nulla se l'anima
non soffrisse;
ma essa soffre
in modo
indicibile per
la privazione di
Dio.
Vedevo e sentivo alcune di queste anime
dannate ruggire
per l'eterno
supplizio che
sanno di dover
sopportare,
specialmente
alle mani. Penso
che durante la
vita abbiano
rubato, poiché
gridavano:
'Maledette mani,
dov'è ora quello
che avete
preso?'...
Altre anime, urlando, accusavano la propria
lingua, o gli
occhi... ognuna
ciò che è stato
la causa del suo
peccato: 'Ora
paghi
atrocemente le
delizie che ti
concedevi, o mio
corpo!... E sei
tu, o corpo, che
l'hai voluto!...
Per un istante
di piacere,
un'eternità di
dolore!:..
Mi sembra che all'inferno le anime si
accusino
specialmente di
peccati di
impurità.
Mentre ero in quell'abisso, ho visto
precipitare
delle persone
impure e non si
possono dire né
comprendere gli
orrendi ruggiti
che uscivano
dalle loro
bocche:
'Maledizione
eterna!... Mi
sono
ingannata!... Mi
sono perduta!...
Sarò qui per
sempre!... per
sempre!!... per
sempre!!!... e
non ci sarà più
rimedio...
Maledetta me!:..
Una ragazzina urlava disperatamente,
imprecando
contro le
cattive
soddisfazioni
che ha concesso
in vita al suo
corpo e
maledicendo i
genitori che le
avevano dato
troppa libertà
nel seguire la
moda e i
divertimenti
mondani. Era
dannata da tre
mesi.
Tutto ciò che ho scritto è soltanto una
pallida ombra al
confronto con
ciò che si
soffre veramente
all'inferno."
2) L’INFERNO
C’E’ ! - Don
Giuseppe
Tomaselli
don Giuseppe
Tomaselli,
salesiano,
considerato
EREDE
Spirituale di
Padre Pio.
(Sant'Alfonso M.
de Liguori -
Dottore della
Chiesa)
ANIMA CRISTIANA,
NON FARTI DEL
MALE! SE TI
AMI... NON
AGGIUNGERE
PECCATO A
PECCATO! TU
DICI: "DIO È
MISERICORDIOSO!"
EPPURE, CON
TUTTA QUESTA
MISERICORDIA...
QUANTI OGNI
GIORNO VANNO
ALL'INFERNO!!
PRESENTAZIONE
"Caro don Enzo,
il libretto che
ti accludo non è
più reperibile,
l'ho cercato
tanto, un po'
dappertutto, ma
non sono
riuscito a
trovarlo. Ti
chiedo un
favore: potresti
ristamparlo tu?
Vorrei tenerne
alcune copie in
confessionale,
come ho sempre
fatto, per darlo
a quei penitenti
superficiali che
hanno bisogno di
una scossa forte
per comprendere
che cos'è il
peccato e quali
gravissimi
rischi si
corrono a vivere
lontani da Dio e
contro di Lui."
Don G. B.
Con questa breve
lettera ho
ricevuto anche
il volumetto di
Don Giuseppe
Tomaselli,
“L'INFERNO
C’E’!”, che già
avevo incontrato
e letto con
molto interesse
nella mia
adolescenza,
quando i preti
non si
vergognavano di
offrire ai
giovani letture
come questa, per
favorire in loro
serie
riflessioni e un
radicale
cambiamento di
vita.
Visto che oggi,
sia nella
catechesi che
nella
predicazione, il
tema
dell'inferno è
quasi totalmente
ignorato...
visto che alcuni
teologi e
pastori d'anime,
alla colpa già
grave del
silenzio,
aggiungono
quella della
negazione
dell'inferno
che... "o non
c'è, o se c'è
non è eterno o è
vuoto"... visto
che troppi oggi
parlano
dell'inferno in
modo sarcastico
o quantomeno
banalizzante...
visto che è
anche e
principalmente
il non credere o
il non pensare
all'inferno che
porta a
impostare la
propria vita in
modo diverso da
come Dio la
vorrebbe e
perciò a
rischiare di
farla finire
nella rovina
eterna... ho
pensato di
accogliere il
suggerimento di
quel sacerdote
di Trento, che
passa ore e ore
in confessionale
per ridare alle
anime l'acqua
pura e fresca
della grazia
perduta col
peccato.
Il volumetto di
Don Tomaselli è
un piccolo
gioiello, un
classico che ha
fatto riflettere
tante persone e
che certamente
ha contribuito a
salvare non
poche anime.
Scritto in un
linguaggio
semplice e
accessibile a
tutti, offre
alla mente le
certezze della
fede e al cuore
emozioni forti
che lasciano
profondamente
scossi.
Perché allora
lasciarlo tra i
rottami di altri
tempi, vittima
delle mode di
pensiero che non
credono più a
ciò che è
insegnato e
garantito da
Dio? Val la pena
"risuscitarlo ".
E così ho
pensato di
ristamparlo per
offrire una
catechesi
sull'inferno a
tutti quelli che
vorrebbero
sentirne
parlare, ma non
sanno più a chi
rivolgersi... a
tutti quelli che
ne hanno sentito
parlare finora
in modo distorto
e
tranquillizzante...
a tutti quelli
che non ci hanno
mai pensato e...
(perché no?)
anche a chi
dell'inferno non
vuole proprio
sentirne
parlare, per non
essere costretto
a fare i conti
con una realtà
che non può
lasciare
indifferenti e
non permette più
di vivere nel
peccato
allegramente e
senza rimorsi.
Se uno studente
non pensasse mai
che alla fine
dell'anno ci
sarà un diverso
trattamento tra
chi ha studiato
e chi no, non
gli verrebbe
forse a mancare
uno stimolo
forte nel
compimento del
suo dovere? Se
un dipendente
non tenesse
presente che
lavorare o
assentarsi dal
lavoro senza
motivo non è la
stessa cosa e
che la
differenza si
vedrà a fine
mese, dove
troverebbe la
forza di andar a
faticare otto
ore al giorno e
magari in un
ambiente
difficile? Per
la stessa
ragione, se un
uomo non
pensasse mai, o
quasi mai, che
vivere secondo
Dio o vivere
contro Dio è
profondamente
diverso e che i
risultati si
vedranno al
termine della
vita, quando
sarà ormai
troppo tardi per
correggere il
tiro, dove
troverebbe lo
stimolo a fare
il bene e ad
evitare il male?
Si capisce da
qui che una
pastorale che fa
silenzio sulla
terrificante
realtà
dell'inferno per
non raccogliere
sorrisini di
compatimento e
per non perdere
la clientela,
sarà anche
gradita agli
uomini, ma è
sicuramente
sgradita a Dio,
perché è
distorta, perché
è falsa, perché
non è cristiana,
perché è
sterile, perché
è vile, perché è
venduta, perché
è ridicola e,
quel che è
peggio, perché è
estremamente
dannosa: riempie
infatti i
"granai " di
Satana e non
quelli del
Signore.
In ogni caso non
è la pastorale
del Buon Pastore
Gesù... che
dell'inferno ne
ha parlato tante
e tante volte!!!
Lasciamo "che i
morti
seppelliscano i
loro morti"
(cfr. Lc 9, 60),
che i falsi
pastori
continuino con
la loro
"pastorale del
nulla". Noi
preoccupiamoci
solo di piacere
a Dio e di
essere fedeli al
Vangelo, ciò che
non sarebbe...
se tacessimo
sull'inferno!
Questo volumetto
va meditato
attentamente,
per il proprio
bene spirituale,
e va diffuso il
più possibile,
sia da parte dei
sacerdoti che da
parte dei laici,
per il bene di
tante anime alla
deriva.
È sperabile che
la lettura di
questo libro
possa favorire
la svolta
decisiva per
qualche "figlio
prodigo" che non
pensa al rischio
che corre e per
qualche altro
che dispera
della
misericordia del
Signore.
Perché allora
non infilarlo
nella cassetta
postale di
qualche spavaldo
bellimbusto che
sta camminando
allegramente e a
grandi passi
verso la sua
rovina eterna?
Ti ringrazio per
quanto farai per
la diffusione di
questo libro, ma
più di me ti
ringrazierà e ti
ricompenserà il
Signore.
Verona, 2
febbraio 2001 -
Don Enzo
Boninsegna
INTRODUZIONE
Anche se non era
un mangiapreti,
il colonnello M.
se ne rideva
della religione.
Un giorno disse
al cappellano
del reggimento:
- Voi preti
siete furbi e
imbroglioni:
inventando lo
spauracchio
dell'inferno,
siete riusciti a
farvi seguire da
molta gente.
- Signor
colonnello, non
vorrei entrare
in discussione;
questo, se
crede, potremo
farlo in un
secondo tempo.
Le chiedo
soltanto: quali
studi ha fatto
lei per giungere
alla conclusione
che l'inferno
non c'è?
- Non è
necessario
studiare per
capire queste
cose!
- Io invece -
continuò il
cappellano - ho
studiato a fondo
e di proposito
l'argomento sui
libri di
teologia e non
ho alcun dubbio
sull'esistenza
dell'inferno.
- Mi porti uno
di questi libri.
Quando il
colonnello ha
riportato il
testo, dopo
averlo letto
attentamente, si
sentì in dovere
di dire:
- Vedo che voi
preti non
imbrogliate la
gente quando
parlate
dell'inferno.
Gli argomenti
che portate sono
convincenti!
Devo ammettere
che avete
ragione voi!
Se un
colonnello, che
si pensa abbia
un certo grado
di cultura,
giunge a
deridere una
verità così
importante come
l'esistenza
dell'inferno,
non c'è da
meravigliarsi
che l'uomo
comune dica, un
po' scherzando e
un po'
credendoci:
"L'inferno non
c'è... ma se ci
fosse ci
troveremmo in
compagnia di
belle donne... e
poi là si
starebbe al
caldo..."
l'inferno!...
Terribile
realtà!... Non
dovrei essere
io, povero
mortale, a
scrivere sul
castigo
riservato ai
dannati
nell'altra vita.
Se a fare questo
fosse un dannato
che si trova
negli abissi
infernali,
quanto sarebbe
più efficace la
sua parola!
Tuttavia,
attingendo da
diverse fonti,
ma soprattutto
dalla Divina
Rivelazione,
presento al
lettore un
argomento degno
di profonda
meditazione.
"Discendiamo
all'inferno fin
che siamo vivi
(cioè
riflettendo su
questa terribile
realtà) - diceva
Sant'Agostino -
per non
precipitarvi
dopo la morte".
L'AUTORE
I
LA DOMANDA
DELL’UOMO E LA
RISPOSTA DELLA
FEDE
UN COLLOQUIO
INQUIETANTE
La possessione
diabolica è una
drammatica
realtà che
troviamo
ampiamente
documentata
negli scritti
dei quattro
Evangelisti e
nella storia
della Chiesa.
È possibile,
dunque, e c'è
anche oggi.
II demonio, se
Dio glielo
permette, può
prendere
possesso di un
corpo umano, o
di un animale ed
anche di un
luogo.
Nel Rituale
Romano la Chiesa
ci insegna da
quali elementi
si possa
riconoscere la
vera possessione
diabolica.
Per più di
quarant'anni ho
fatto
l'esorcista
contro Satana.
Riporto un
episodio tra i
tanti che ho
vissuto.
Fui incaricato
dal mio
Arcivescovo di
cacciare il
demonio dal
corpo di una
ragazza che era
tormentata da
qualche tempo.
Sottoposta più
volte a visite
da parte di
medici
specialisti, era
stata trovata
perfettamente
sana.
Quella ragazza
aveva una
istruzione
piuttosto bassa,
avendo
frequentato
soltanto le
scuole
elementari.
Nonostante
questo, appena
il demonio
entrava in lei,
riusciva a
comprendere e ad
esprimersi in
lingue
classiche,
leggeva nel
pensiero dei
presenti e vari
fenomeni strani
avvenivano nella
stanza, quali:
rottura di
vetri, forti
rumori alle
porte, movimento
concitato di un
tavolo isolato,
oggetti che
uscivano da soli
da un cesto e
cadevano sul
pavimento,
ecc...
All'esorcismo
assistevano
parecchie
persone, tra cui
un altro
sacerdote e un
professore di
storia e di
filosofia che
registrava tutto
per un'eventuale
pubblicazione.
Il demonio,
costretto,
manifestò il suo
nome e rispose a
diverse domande.
- Mi chiamo
Melid!... Mi
trovo nel corpo
di questa
ragazza e non
l'abbandonerò
fino a quando
non accetterà di
fare quello che
voglio io!
- Spiegati
meglio.
- Io sono il
demonio
dell'impurità e
tormenterò
questa ragazza
fino a quando
non sarà
diventata impura
come la desidero
io."
- Nel nome di
Dio, dimmi:
all'inferno c'è
gente a motivo
di questo
peccato?
- Tutti quelli
che sono là
dentro, nessuno
escluso, ci sono
con questo
peccato o anche
solo per questo
peccato!
Gli rivolsi
ancora tante
altre domande: -
Prima di essere
un demonio, chi
eri?
- Ero un
cherubino... un
alto ufficiale
della Corte
Celeste. - Che
peccato avete
commesso voi
angeli in Cielo?
- Non doveva
farsi uomo!...
Lui,
l'Altissimo,
umiliarsi
così... non
doveva farlo!
- Ma non
sapevate che
ribellandovi a
Dio sareste
sprofondati
all'inferno?
- Lui ci disse
che ci avrebbe
messi alla
prova, ma non
che ci avrebbe
puniti così...
L'inferno!...
L'inferno!...
L'inferno!...
Voi non potete
comprendere che
significhi il
fuoco eterno!
Pronunciava
queste parole
con rabbia
furibonda e con
una tremenda
disperazione.
COME SI FA PER
SAPERE SE
L’INFERNO C'È?
Che cos'è questo
inferno del
quale oggi si
parla troppo
poco (con grave
danno per la
vita spirituale
degli uomini) e
che invece
sarebbe bene,
anzi, doveroso
conoscere nella
giusta luce?
È il castigo che
Dio ha dato agli
angeli ribelli e
che darà anche
agli uomini che
si ribellano a
Lui e
disobbediscono
alla sua legge,
se muoiono nella
sua inimicizia.
Prima di tutto
conviene
dimostrare che
c'è e poi
cercheremo di
capire che cosa
è.
Così facendo,
potremo arrivare
a delle
conclusioni
pratiche. Per
abbracciare una
verità la nostra
intelligenza ha
bisogno di
solide
argomentazioni.
Trattandosi di
una verità che
ha tante e così
gravi
conseguenze per
la vita presente
e per quella
futura,
prenderemo in
esame le prove
della ragione,
poi le prove
della divina
Rivelazione e
infine le prove
della storia.
LE PROVE DELLA
RAGIONE
Gli uomini,
anche se molto
spesso, poco o
tanto, si
comportano
ingiustamente,
sono concordi
nell'ammettere
che a chi fa il
bene spetta il
premio e a chi
fa il male
spetta il
castigo.
Allo studente
volonteroso
spetta la
promozione, allo
svogliato la
bocciatura. AI
soldato
coraggioso si
consegna la
medaglia al
valor militare,
al disertore è
riservato il
carcere. II
cittadino onesto
è premiato col
riconoscimento
dei suoi
diritti, il
delinquente va
colpito con una
giusta
punizione.
Dunque, la
nostra ragione
non è contraria
ad ammettere il
castigo per i
colpevoli.
Dio è giusto,
anzi, è la
Giustizia per
essenza.
II Signore ha
dato agli uomini
la libertà, ha
impresso nel
cuore di ognuno
la legge
naturale, che
impone di fare
il bene e di
evitare il male.
Ha dato anche la
legge positiva,
compendiata nei
Dieci
Comandamenti.
È mai possibile
che il
Legislatore
Supremo dia dei
Comandamenti e
poi non si curi
se vengono
osservati o
calpestati?
Lo stesso
Voltaire,
filosofo empio,
nella sua opera
“La legge
naturale” ebbe
il buon senso di
scrivere: "Se
tutto il creato
ci dimostra
l'esistenza di
un Ente
infinitamente
sapiente, la
nostra ragione
ci dice che deve
pur essere
infinitamente
giusto. Ma come
potrebbe essere
tale se non
sapesse né
ricompensare né
punire? Il
dovere di ogni
sovrano è di
castigare le
azioni cattive e
di premiare
quelle buone.
Volete che Dio
non faccia ciò
che la stessa
giustizia umana
sa fare?".
LE PROVE DELLA
RIVELAZIONE
DIVINA
Nelle verità di
fede la nostra
povera
intelligenza
umana può dare
soltanto qualche
piccolo
contributo. Dio,
Suprema Verità,
ha voluto
svelare all'uomo
cose a lui
misteriose;
l'uomo è libero
di accettarle o
di rifiutarle,
ma a suo tempo
renderà conto al
Creatore della
sua scelta.
La divina
Rivelazione è
contenuta anche
nella Sacra
Scrittura così
come è stata
conservata e
viene
interpretata
dalla Chiesa. La
Bibbia si
distingue in due
parti: Antico
Testamento e
Nuovo
Testamento.
Nell'Antico
Testamento Dio
parlava ai
Profeti e questi
erano i suoi
portavoce presso
il popolo ebreo.
II re e profeta
Davide scrisse:
"Siano confusi
gli empi,
tacciano negli
inferi" (Sa 13
0, 18).
Degli uomini che
si sono
ribellati contro
Dio il profeta
Isaia disse: "Il
loro verme non
morirà, il loro
fuoco non si
spegnerà" (Is
66,24).
Il precursore di
Gesù, San
Giovanni
Battista, per
disporre gli
animi dei suoi
contemporanei ad
accogliere il
Messia, parlò
anche di un
compito
particolare
affidato al
Redentore: dare
il premio ai
buoni e il
castigo ai
ribelli e lo
fece servendosi
di un paragone:
"Egli ha in mano
il ventilabro,
pulirà la sua
aia e
raccoglierà il
suo grano nel
granaio, ma
brucerà la pula
con un fuoco
inestinguibile"
(Mt 3, 12).
GESU’ HA PARLATO
MOLTE VOLTE DEL
PARADISO
Nella pienezza
dei tempi,
duemila anni fa,
mentre a Roma
imperava Cesare
Ottaviano
Augusto, fece la
sua comparsa nel
mondo il Figlio
di Dio, Gesù
Cristo. Ebbe
allora inizio il
Nuovo
Testamento.
Chi può negare
che Gesù sia
veramente
esistito? Nessun
fatto storico è
così tanto
documentato.
II Figlio di Dio
dimostrò la sua
Divinità con
molti e
strepitosi
miracoli e a
tutti quelli che
ancora
dubitavano
lanciò una
sfida:
"Distruggete
questo tempio e
in tre giorni lo
farò risorgere"
(Gv 2, 19).
Disse inoltre:
"Come Giona
rimase tre
giorni e tre
notti nel ventre
del pesce, così
il Figlio
dell'uomo
resterà tre
giorni e tre
notti nel cuore
della terra" (Mt
12, 40).
La risurrezione
di Gesù Cristo è
indubbiamente la
prova più grande
della sua
Divinità.
Gesù faceva i
miracoli non
solo perché,
mosso dalla
carità, voleva
soccorrere dei
poveri ammalati,
ma anche perché
tutti, vedendo
la sua potenza e
comprendendo che
veniva da Dio,
potessero
abbracciare la
verità senza
alcuna ombra di
dubbio.
Gesù disse: "lo
sono la luce del
mondo; chi segue
me, non
camminerà nelle
tenebre, ma avrà
la luce della
vita" (Gv 8,12).
La missione del
Redentore era
quella di
salvare
l'umanità,
redimendola dal
peccato, e di
insegnare la via
sicura che porta
al Cielo.
I buoni
ascoltavano con
entusiasmo le
sue parole e
praticavano i
suoi
insegnamenti.
Per invogliarli
a perseverare
nel bene, spesso
parlava del
grande premio
riservato ai
giusti
nell'altra vita.
"Beati voi
quando vi
insulteranno, vi
perseguiteranno
e, mentendo,
diranno ogni
sorta di male
contro di voi
per causa mia.
Rallegratevi ed
esultate, perché
grande è la
vostra
ricompensa nei
cieli" (Mt 5,
11-12).
"Quando il
Figlio dell'uomo
verrà nella sua
gloria con tutti
i suoi angeli,
si siederà sul
trono della sua
gloria... e dirà
a quelli che
stanno alla sua
destra: Venite,
benedetti del
Padre mio,
ricevete in
eredità il regno
preparato per
voi fin dalla
fondazione dei
mondo" (cfr. Mt
25, 31. 34).
Disse inoltre:
"Rallegratevi
perché i vostri
nomi sono
scritti nei
cieli" (Lc 10,
20).
"Quando dai un
banchetto,
invita poveri,
storpi, zoppi,
ciechi e sarai
beato perché non
hanno da
ricambiarti.
Riceverai
infatti la tua
ricompensa alla
risurrezione dei
giusti" (L c 14,
13-14).
“Io preparo per
voi un regno,
come il Padre
mio l'ha
preparato per
me” (Lc 22, 29).
GESU’ HA PARLATO
ANCHE DEL
CASTIGO ETERNO
A un buon
figlio, per
obbedire, basta
conoscere cosa
desidera il
padre: obbedisce
sapendo di
fargli piacere e
di godere del
suo affetto;
mentre a un
figlio ribelle
si minaccia una
punizione.
Così ai buoni
basta la
promessa del
premio eterno,
il Paradiso,
mentre ai
malvagi, vittime
volontarie delle
proprie
passioni, è
necessario
presentare il
castigo per
scuoterli.
Vedendo Gesù con
quanta malvagità
tanti suoi
contemporanei e
persone dei
secoli futuri
avrebbero chiuso
gli orecchi ai
suoi
insegnamenti,
desideroso
com'era di
salvare ogni
anima, parlò del
castigo
riservato
nell'altra vita
ai peccatori
ostinati, cioè
la punizione
dell'inferno.
La prova più
forte
dell'esistenza
dell'inferno è
data dunque
dalle parole di
Gesù.
Negare o anche
solo dubitare
delle terribili
parole del
Figlio di Dio
fatto Uomo,
sarebbe come
distruggere il
Vangelo,
cancellare la
storia, negare
la luce del
sole.
È DIO CHE PARLA
Gli ebrei
credevano di
aver diritto al
Paradiso
soltanto perché
erano
discendenti di
Abramo.
E siccome molti
resistevano agli
insegnamenti
divini e non
volevano
riconoscerlo
come il Messia
inviato da Dio,
Gesù, minacciò
loro la pena
eterna
dell'inferno.
"Vi dico che
molti verranno
dall'oriente e
dall'occidente e
siederanno a
mensa con
Abramo, Isacco e
Giacobbe nel
regno dei cieli,
mentre i figli
del regno (gli
ebrei) saranno
cacciati fuori
nelle tenebre,
ove sarà pianto
e stridore di
denti" (Mt 8,
11-12).
Vedendo gli
scandali del suo
tempo e delle
generazioni
future, per far
rinsavire i
ribelli e
preservare dal
male i buoni,
Gesù parlò
dell'inferno e
con toni molto
forti: "Guai al
mondo per gli
scandali! È
inevitabile che
avvengano
scandali, ma
guai all'uomo
per colpa del
quale avviene lo
scandalo!" (Mt
18, 7).
"Se la tua mano
o il tuo piede
ti
scandalizzano,
tagliali: è
meglio per te
entrare nella
vita monco o
zoppo, piuttosto
che essere
gettato con due
mani e due piedi
nell'inferno,
nel fuoco
inestinguibile"
(cfr. Mc 9,
43-46. 48).
Gesù, dunque, ci
insegna che
bisogna essere
disposti a
qualunque
sacrificio,
anche il più
grave, come
l'amputazione di
un membro del
nostro corpo,
pur di non
finire nel fuoco
eterno.
Per sollecitare
gli uomini a
trafficare i
doni ricevuti da
Dio, come
l'intelligenza,
i sensi del
corpo, i beni
terreni... Gesù
raccontò la
parabola dei
talenti e la
concluse con
queste parole:
"Il servo
fannullone
gettatelo fuori
nelle tenebre;
là sarà pianto e
stridore di
denti" (Mt 25,
30).
Quando
preannunciò la
fine del mondo,
con la
risurrezione
universale,
accennando alla
sua gloriosa
venuta e alle
due schiere, dei
buoni e dei
cattivi,
soggiunse: "...
a quelli posti
alla sua
sinistra: Via,
lontano da me,
maledetti, nel
fuoco eterno,
preparato per il
diavolo e per i
suoi angeli" (Mt
25, 41).
II pericolo di
andare
all'inferno c'è
per tutti gli
uomini, perché
durante la vita
terrena tutti
corriamo il
rischio di
peccare
gravemente.
Anche ai suoi
stessi discepoli
e collaboratori
Gesù fece
presente il
pericolo che
correvano di
finire nel fuoco
eterno. Erano
andati in giro
per le città e i
villaggi,
annunziando il
regno di Dio,
guarendo gli
infermi e
cacciando i
demoni dal corpo
degli ossessi.
Ritornarono
lieti per tutto
questo e
dissero:
"Signore, anche
i demoni si
sottomettono a
noi nel tuo
nome". E Gesù:
"Io vedevo
satana cadere
dal cielo come
la folgore" (Lc
10, 17-18).
Voleva
raccomandare
loro di non
insuperbirsi per
quanto avevano
fatto, perché la
superbia aveva
fatto piombare
Lucifero
all'inferno.
Un giovane ricco
si stava
allontanando da
Gesù,
rattristato,
perché era stato
invitato a
vendere i suoi
beni e a darli
ai poveri. II
Signore così
commentò
l'accaduto: "In
verità vi dico:
difficilmente un
ricco entrerà
nel regno dei
cieli. Ve lo
ripeto: è più
facile che un
cammello passi
per la cruna di
un ago, che un
ricco entri nel
regno dei cieli.
A queste parole
i discepoli
rimasero
costernati e
chiesero: “Chi
si potrà dunque
salvare?”. E
Gesù, fissando
su di loro lo
sguardo disse:
“Questo è
impossibile agli
uomini, ma a Dio
tutto è
possibile”. (Mt
19, 23-26).
Con queste
parole Gesù non
voleva
condannare la
ricchezza che,
in sé, non è
cattiva, ma
voleva farci
comprendere che
chi la possiede
si trova nel
grave pericolo
di attaccarvi il
cuore in modo
disordinato,
fino a perdere
di vista il
paradiso e il
rischio concreto
della dannazione
eterna.
Ai ricchi che
non esercitano
la carità Gesù
ha minacciato un
maggior pericolo
di finire
all'inferno.
"C'era un uomo
ricco, che
vestiva di
porpora e di
bisso e tutti i
giorni
banchettava
lautamente. Un
mendicante, di
nome Lazzaro,
giaceva alla sua
porta, coperto
di piaghe,
bramoso di
sfamarsi di
quello che
cadeva dalla
mensa del ricco.
Persino i cani
venivano a
leccare le sue
piaghe. Un
giorno il povero
morì e fu
portato dagli
angeli nel seno
di Abramo. Morì
anche il ricco e
fu sepolto.
Stando
nell'inferno tra
i tormenti, levò
gli occhi e vide
di lontano
Abramo e Lazzaro
accanto a lui.
Allora gridando
disse: 'Padre
Abramo, abbi
pietà di me e
manda Lazzaro a
intingere
nell'acqua la
punta del dito e
bagnarmi la
lingua, perché
questa fiamma mi
tortura'. Ma
Abramo rispose:
“Figlio,
ricordati che
hai ricevuto i
tuoi beni
durante la vita
e Lazzaro
parimenti i suoi
mali; ora invece
lui è consolato
e tu sei in
mezzo ai
tormenti. Per di
più, tra voi e
noi è stabilito
un grande
abisso: coloro
che di qui
vogliono passare
da voi non
possono, né da
lì si può
attraversare
fino a noi”. E
quegli replicò:
'Allora, padre,
ti prego di
mandarlo a casa
di mio padre,
perché ho cinque
fratelli. Li
ammonisca,
perché non
vengano
anch'essi in
questo luogo di
tormento'. Ma
Abramo rispose:
'Hanno Mosè e i
Profeti;
ascoltino loro'.
E lui: “No,
padre Abramo, ma
se qualcuno dai
morti andrà da
loro, si
ravvedranno”.
Abramo rispose:
“Se non
ascoltano Mosè e
i Profeti,
neanche se uno
risuscitasse dai
morti sarebbero
persuasi”. (Lc
16, 19-31 ).
I MALVAGI
DICONO...
Questa parabola
evangelica,
oltre a
garantirci che
l'inferno
esiste, ci
suggerisce anche
la risposta da
dare a chi osa
dire
scioccamente:
"lo crederei
all'inferno
soltanto se
qualcuno,
dall'aldilà,
venisse a
dirmelo!".
Chi si esprime
così,
normalmente è
già sulla via
del male e non
crederebbe
neanche se
vedesse un morto
risuscitato.
Se, per ipotesi,
oggi venisse
qualcuno
dall'inferno,
tanti corrotti o
indifferenti
che, per
continuar a
vivere nei loro
peccati senza
rimorsi, hanno
interesse che
l'inferno non
esista,
sarcasticamente
direbbero: "Ma
questo è matto!
Non diamogli
ascolto!".
IL NUMERO DEI
DANNATI
Nota sul tema:
"IL NUMERO DEI
DANNATI "
trattato a pag.
15 Da come
l'Autore tratta
l'argomento del
numero dei
dannati si sente
che la
situazione, dal
tempo suo al
nostro, è
profondamente
cambiata.
L'Autore
scriveva in un
tempo in cui, in
Italia, poco o
tanto, quasi
tutti avevano un
qualche legame
con la fede, se
non altro sotto
forma di lontani
ricordi, mai del
tutto
dimenticati, che
affioravano
quasi sempre in
punto di morte.
Nel nostro
tempo, invece,
anche in questa
povera Italia,
un tempo
cattolica e che
il Papa è
arrivato a
definire oggi
'terra di
missione",
troppi, non
avendo più
nemmeno un
pallido ricordo
della fede,
vivono e muoiono
senza alcun
riferimento a
Dio e senza
porsi il
problema
dell'aldilà.
Molti vivono e
"muoiono come
cani", diceva il
Card. Siri,
anche perché
molti sacerdoti
sono sempre meno
solleciti nel
prendersi cura
dei morenti e
nel proporre
loro la
riconciliazione
con Dio!
È chiaro che
nessuno può dire
quanti siano i
dannati. Ma
considerando il
dilagare attuale
dell'ateismo...
dell'indifferenza...
dell'incoscienza...
della
superficialità...
e
dell'immoralità...
io non sarei
così ottimista
come l'Autore
nel dire che
sono pochi
quelli che si
dannano.
Sentendo che
Gesù parlava
spesso del
paradiso e
dell'inferno,
gli Apostoli un
giorno gli
chiesero: "Chi
si potrà dunque
salvare?". Gesù,
non volendo che
l'uomo
penetrasse in
una verità tanto
delicata,
rispose in modo
evasivo:
"Entrate per la
porta stretta,
perché larga è
la porta e
spaziosa la via
che conduce alla
perdizione, e
molti sono
quelli che
entrano per
essa; quanto
stretta invece è
la porta e
angusta la via
che conduce alla
vita, e quanto
pochi sono
quelli che la
trovano!" (Mt 7,
13-14).
Che significato
dare a queste
parole di Gesù?
La via del bene
è aspra, perché
consiste nel
dominare la
turbolenza delle
proprie passioni
per vivere in
conformità al
volere di Gesù:
"Se qualcuno
vuol venire
dietro a me
rinneghi se
stesso, prenda
la sua croce e
mi segua" (Mt
16, 24).
La via del male,
che porta
all'inferno, è
comoda ed è
battuta dai più,
perché è molto
più facile
correre dietro
ai piaceri della
vita, appagando
la superbia, la
sensualità, la
cupidigia,
ecc...
"Dunque, - può
concludere
qualcuno - dalle
parole di Gesù
si può pensare
che la maggior
parte degli
uomini andrà
all'inferno!". I
Santi Padri e,
in generale, i
moralisti,
affermano che i
più si
salveranno. Ecco
le
argomentazioni
che portano.
Dio vuole che
tutti gli uomini
si salvino, a
tutti dà i mezzi
per raggiungere
l'eterna
felicità; non
tutti però si
aggrappano a
questi doni e,
divenendo
deboli, restano
schiavi di
Satana, nel
tempo e per
l'eternità.
Tuttavia pare
che la
maggioranza vada
in paradiso.
Ecco alcune
confortanti
parole che
troviamo nella
Bibbia: è
"grande presso
di Lui la
redenzione" (Sal
129, 7). E
ancora: "Questo
è il mio Sangue
dell'alleanza,
versato per
molti, in
remissione dei
peccati" (Mt 26,
28). Dunque,
sono molti
quelli che
usufruiscono
della Redenzione
del Figlio di
Dio.
Dando uno
sguardo sia pur
rapido
all'umanità,
vediamo che
molti muoiono
prima di essere
arrivati all'uso
di ragione,
quando non sono
ancora in grado
di commettere
peccati gravi.
Costoro
certamente non
andranno
all'inferno.
Moltissimi
vivono
nell'ignoranza
completa della
religione
cattolica, ma
senza propria
colpa,
trovandosi in
paesi nei quali
non è ancora
giunta la luce
del Vangelo.
Questi, se
osservano la
legge naturale,
non andranno
all'inferno,
perché Dio è
giusto e non dà
un castigo
immeritato.
Ci sono poi i
nemici della
religione, i
libertini, i
corrotti. Non
tutti questi
finiranno
all'inferno
perché in
vecchiaia,
calando non poco
il fuoco delle
passioni,
facilmente
ritorneranno a
Dio.
Quante persone
mature, dopo le
delusioni della
vita, riprendono
la pratica della
vita cristiana!
Molti cattivi si
rimettono in
grazia di Dio
perché provati
dal dolore, o
per un lutto di
famiglia, o
perché in
pericolo di
vita. Quanti
muoiono bene
negli ospedali,
sui campi di
battaglia, nelle
prigioni o in
seno alla
famiglia!
Non sono molti
quelli che
rifiutano i
conforti
religiosi in fin
di vita, perché,
davanti alla
morte, di solito
si aprono gli
occhi e
svaniscono tanti
pregiudizi e
spavalderie.
Sul letto di
morte la grazia
di Dio può
essere molto
abbondante
perché ottenuta
dalla preghiera
e dai sacrifici
dei parenti e di
altre persone
buone che
pregano ogni
giorno per gli
agonizzanti.
Quantunque molti
battano la via
del male,
tuttavia un buon
numero ritorna a
Dio prima di
entrare
nell'eternità.
È VERITA’ DI
FEDE
L'esistenza
dell'inferno è
assicurata e
ripetutamente
insegnata da
Gesù Cristo; è
dunque una
certezza, per
cui è un grave
peccato contro
la fede dire
che: "L'inferno
non c'è!".
Ed è un grave
peccato anche
solo il mettere
in dubbio questa
verità:
"Speriamo che
l'inferno non ci
sia!".
Chi pecca contro
questa verità di
fede? Gli
ignoranti in
materia di
religione che
non fanno nulla
per istruirsi
nella fede, i
superficiali che
prendono alla
leggera un
affare di così
grande
importanza e i
gaudenti
ingolfati nei
piaceri illeciti
della vita.
In generale
ridono
dell'inferno
proprio quelli
che sono già
sulla strada
giusta per
finirci dentro.
Poveri ciechi e
incoscienti!
È necessario ora
portare la prova
dei fatti, visto
che Dio ha
permesso delle
apparizioni di
anime dannate.
Non c'è da
stupirsi che il
Divino Salvatore
abbia quasi
sempre sulle
labbra la parola
“inferno”: non
ce n'è un'altra
che esprima così
chiaramente e
così
propriamente il
senso della sua
missione.
(J. Staudinger)
II
FATTI STORICI
DOCUMENTATI CHE
FANNO RIFLETTERE
UN GENERALE
RUSSO
Gaston De Sègur
ha pubblicato un
libretto che
parla
dell'esistenza
dell'inferno, su
cui sono narrate
le apparizioni
di alcune anime
dannate.
Riporto per
intero
l'episodio con
le stesse parole
dell'autore:
"Il fatto
accadde a Mosca
nel 1812, quasi
nella mia stessa
famiglia. Mio
nonno materno,
il conte
Rostopchine, era
allora
governatore
militare a Mosca
ed era in
stretta amicizia
col generale
conte Orloff,
uomo valoroso,
ma empio.
Una sera, dopo
cena, il conte
Orloff cominciò
a scherzare con
un suo amico
volteriano, il
generale V.,
burlandosi della
religione e in
particolare
dell'inferno.
- Ci sarà
qualcosa - disse
Orloff - dopo la
morte?
- Se ci sarà
qualcosa - disse
il generale V. -
chi di noi
morirà per primo
verrà ad
avvisare
l'altro.
Restiamo
d'accordo?
- Benissimo! -
soggiunse Orloff,
e si strinsero
la mano in segno
di promessa.
Circa un mese
dopo, il
generale V.
ricevette
l'ordine di
partire da Mosca
e di prendere
una posizione
importante con
l'esercito russo
per fermare
Napoleone.
Tre settimane
dopo, essendo
uscito di
mattina per
esplorare la
posizione del
nemico, il
generale V. fu
colpito al
ventre da una
pallottola e
cadde morto.
Sull'istante si
presentò a Dio.
Il conte Orloff
era a Mosca e
non sapeva nulla
della fine di
quel suo amico.
Quella stessa
mattina, mentre
stava
tranquillamente
riposando, ormai
sveglio da un
po' di tempo, si
aprirono ad un
tratto le
tendine del
letto e comparve
a due passi il
generale V.
morto da poco,
ritto sulla
persona,
pallido, con la
destra sul petto
e così parlò:
'L'inferno c'è e
io ci sono
dentro!' e
disparve.
Il conte si alzò
dal letto e uscì
di casa in veste
da camera, con i
capelli ancora
spettinati,
molto agitato,
con gli occhi
stralunati e
pallido in
volto.
Corse in casa di
mio nonno,
sconvolto e
ansimante, per
raccontare
l'accaduto.
Mio nonno si era
alzato da poco
e, meravigliato
nel vedere a
quell'ora e
vestito in quel
modo il conte
Orloff, disse:
- Conte che cosa
vi è capitato?.
- Mi sembra di
impazzire per lo
spavento! Ho
visto poco fa il
generale V.!
- Ma come? Il
generale è già
arrivato a
Mosca?
- No! - rispose
il conte
gettandosi sul
divano e
tenendosi la
testa tra le
mani. - No, non
è tornato, ed è
questo appunto
che mi spaventa!
E subito,
trafelato, gli
raccontò
l'apparizione in
tutti i
particolari.
Mio nonno cercò
di calmarlo,
dicendogli che
poteva trattarsi
di fantasia, o
di
un'allucinazione,
o di un brutto
sogno e aggiunse
che non doveva
considerare
morto l'amico
generale.
Dodici giorni
dopo, un messo
dell'esercito
annunziava a mio
nonno la morte
del generale; le
date
coincidevano: la
morte era
avvenuta la
mattina di
quello stesso
giorno in cui il
conte Orloff se
l'era visto
comparire in
camera."
UNA DONNA DI
NAPOLI
Tutti sanno che
la Chiesa, prima
di elevare
qualcuno agli
onori degli
altari e
dichiararlo
"Santo", esamina
attentamente la
sua vita e
specialmente i
fatti più strani
e insoliti.
II seguente
episodio fu
inserito nei
processi di
canonizzazione
di San Francesco
di Girolamo,
celebre
missionario
della Compagnia
di Gesù, vissuto
nel secolo
scorso.
Un giorno questo
sacerdote
predicava a una
gran folla in
una piazza di
Napoli.
Una donna di
cattivi costumi,
di nome
Caterina,
abitante in
quella piazza,
per distrarre
l'uditorio
durante la
predica, dalla
finestra
cominciò a fare
schiamazzi e
gesti spudorati.
II Santo dovette
interrompere la
predica perché
la donna non la
smetteva più, ma
tutto fu
inutile.
II giorno dopo
il Santo ritornò
a predicare
sulla stessa
piazza e,
vedendo chiusa
la finestra
della donna
disturbatrice,
domandò cosa
fosse capitato.
Gli fu risposto:
"È morta questa
notte
improvvisamente".
La mano di Dio
l'aveva colpita.
"Andiamo a
vederla", disse
il Santo.
Accompagnato da
altri entrò
nella camera e
vide il cadavere
di quella povera
donna disteso.
II Signore, che
talvolta
glorifica i suoi
Santi anche con
i miracoli, gli
ispirò di
richiamare in
vita la defunta.
San Francesco di
Girolamo guardò
con orrore il
cadavere e poi
con voce solenne
disse:
"Caterina, alla
presenza di
queste persone,
in nome di Dio,
dimmi dove
sei!".
Per la potenza
del Signore si
aprirono gli
occhi di quel
cadavere e le
sue labbra si
mossero
convulse:
"All'inferno!...
Io sono per
sempre
all'inferno!".
UN EPISODIO
CAPITATO A ROMA
A Roma, nel
1873, verso la
metà di agosto,
una delle povere
ragazze che
vendevano il
loro corpo in
una casa di
tolleranza si
ferì a una mano.
II male, che a
prima vista
sembrava
leggero,
inaspettatamente
si aggravò,
tanto che quella
povera donna fu
trasportata
urgentemente
all'ospedale,
dove morì poco
dopo.
In quel preciso
momento, una
ragazza che
praticava lo
stesso
"mestiere" nella
stessa casa, e
che non poteva
sapere ciò che
stava avvenendo
alla sua
"collega" finita
all'ospedale,
cominciò a
urlare con grida
disperate, tanto
che le sue
compagne si
svegliarono
impaurite.
Per le grida si
svegliarono
anche alcuni
abitanti del
quartiere e ne
nacque uno
scompiglio tale
che intervenne
la questura.
Cos'era
successo? La
compagna morta
all'ospedale le
era apparsa,
circondata di
fiamme, e le
aveva detto: "Io
sono dannata! E
se non vuoi
finire anche tu
dove sono finita
io, esci subito
da questo luogo
di infamia e
ritorna a Dio!".
Nulla poté
calmare
l'agitazione di
quella ragazza,
tanto che,
appena spuntata
l'alba, se ne
partì lasciando
tutte le altre
nello stupore,
specialmente non
appena giunse la
notizia della
morte della
compagna
avvenuta poche
ore prima
all'ospedale.
Poco dopo, la
padrona di quel
luogo infame,
che era una
garibaldina
esaltata, si
ammalò
gravemente e,
ben ricordando
l'apparizione
della ragazza
dannata, si
convertì e
chiese un
sacerdote per
poter ricevere i
santi
Sacramenti.
L'autorità
ecclesiastica
incaricò della
cosa un degno
sacerdote, Mons.
Sirolli, che era
il parroco di
San Salvatore in
Lauro. Questi
richiese
all'inferma,
alla presenza di
più testimoni,
di ritrattare
tutte le sue
bestemmie contro
il Sommo
Pontefice e di
esprimere il
proposito fermo
di mettere fine
all'infame
lavoro che aveva
fatto fino
allora.
Quella povera
donna morì,
pentita, con i
conforti
religiosi. Tutta
Roma conobbe ben
presto i
particolari di
questo fatto.
Gli incalliti
nel male,
com'era
prevedibile, si
burlarono
dell'accaduto; i
buoni, invece,
ne
approfittarono
per diventare
migliori.
UNA NOBILE
SIGNORA DI
LONDRA
Viveva a Londra,
nel 1848, una
vedova di
ventinove anni,
ricca e molto
corrotta. Tra
gli uomini che
frequentavano la
sua casa, c'era
un giovane lord
di condotta
notoriamente
libertina.
Una notte quella
donna era a
letto e stava
leggendo un
romanzo per
conciliare il
sonno.
Appena spense la
candela per
addormentarsi,
si accorse che
una luce strana,
proveniente
dalla porta, si
diffondeva nella
camera e
cresceva sempre
più.
Non riuscendo a
spiegarsi il
fenomeno,
meravigliata
spalancò gli
occhi. La porta
della camera si
aprì lentamente
ed apparve il
giovane lord,
che era stato
tante volte
complice dei
suoi peccati.
Prima che essa
potesse
proferire
parola, il
giovane le fu
vicino,
l'afferrò per il
polso e disse:
"C'è un inferno,
dove si
brucia!".
La paura e il
dolore che
quella povera
donna sentì al
polso furono
così forti che
svenne
all'istante.
Dopo circa
mezz'ora,
ripresasi,
chiamò la
cameriera la
quale, entrando
nella stanza,
sentì un forte
odore di
bruciato e
constatò che la
signora aveva al
polso una
scottatura così
profonda da
lasciar vedere
l'osso e con la
forma della mano
di un uomo. Notò
anche che, a
partire dalla
porta, sul
tappeto c'erano
le impronte dei
passi di un uomo
e che il tessuto
era bruciato da
una parte
all'altra.
II giorno
seguente la
signora seppe
che la stessa
notte quel
giovane lord era
morto.
Questo episodio
è narrato da
Gaston De Sègur
che così
commenta: "Non
so se quella
donna si sia
convertita; so
però che vive
ancora. Per
coprire agli
sguardi della
gente le tracce
della sua
scottatura, sul
polso sinistro
porta una larga
fascia d'oro in
forma di
braccialetto che
non toglie mai e
per questo
particolare
viene chiamata
la signora del
braccialetto".
RACCONTA UN
ARCIVESCOVO...
Mons. Antonio
Pierozzi,
Arcivescovo di
Firenze, famoso
per la sua pietà
e dottrina, nei
suoi scritti
narra un fatto,
verificatosi ai
suoi tempi,
verso la metà
del XV secolo,
che seminò
grande sgomento
nell'Italia
settentrionale.
All'età di
diciassette
anni, un ragazzo
aveva tenuto
nascosto in
Confessione un
peccato grave
che non osava
confessare per
vergogna.
Nonostante
questo si
accostava alla
Comunione,
ovviamente in
modo sacrilego.
Tormentato
sempre più dal
rimorso, invece
di mettersi in
grazia di Dio,
cercava di
supplire facendo
grandi
penitenze. Alla
fine decise di
farsi frate. "Là
- pensava -
confesserò i
miei sacrilegi e
farò penitenza
di tutte le mie
colpe".
Purtroppo, il
demonio della
vergogna riuscì
anche là a non
fargli
confessare con
sincerità i suoi
peccati e così
trascorsero tre
anni in continui
sacrilegi.
Neanche sul
letto di morte
ebbe il coraggio
di confessare le
sue gravi colpe.
I suoi
confratelli
credettero che
fosse morto da
santo, perciò il
cadavere del
giovane frate fu
portato in
processione
nella chiesa del
convento, dove
rimase esposto
fino al giorno
dopo.
AI mattino, uno
dei frati, che
era andato a
suonare la
campana, tutto a
un tratto si
vide comparire
davanti il morto
circondato da
catene roventi e
da fiamme.
Quel povero
frate cadde in
ginocchio
spaventato. II
terrore
raggiunse il
culmine quando
sentì: "Non
pregate per me,
perché sono
all'inferno!"...
e gli raccontò
la triste storia
dei sacrilegi.
Poi sparì
lasciando un
odore ripugnante
che si sparse
per tutto il
convento.
I superiori
fecero portare
via il cadavere
senza i
funerali.
UN PROFESSORE DI
PARIGI
Sant'Alfonso
Maria De'
Liguori, Vescovo
e Dottore della
Chiesa, e quindi
particolarmente
degno di fede,
riporta il
seguente
episodio.
Quando
l'università di
Parigi si
trovava nel
periodo di
maggior
splendore, uno
dei suoi più
celebri
professori morì
improvvisamente.
Nessuno si
sarebbe
immaginato la
sua terribile
sorte, tanto
meno il Vescovo
di Parigi, suo
intimo amico,
che pregava ogni
giorno in
suffragio di
quell'anima.
Una notte,
mentre pregava
per il defunto,
se lo vide
apparire davanti
in forma
incandescente,
col volto
disperato. II
Vescovo,
compreso che
l'amico era
dannato, gli
rivolse alcune
domande; gli
chiese tra
l'altro:
"All'inferno ti
ricordi ancora
delle scienze
per le quali eri
così famoso in
vita?".
"Che scienze...
che scienze! In
compagnia dei
demoni abbiamo
ben altro a cui
pensare! Questi
spiriti malvagi
non ci danno un
momento di
tregua e ci
impediscono di
pensare a
qualunque altra
cosa che non
siano le nostre
colpe e le
nostre pene.
Queste sono già
tremende e
spaventose, ma i
demoni ce le
inaspriscono in
modo da
alimentare in
noi una continua
disperazione!"
LA DISPERAZIONE
E I DOLORI
SOFFERTI DAI
DANNATI
IL DOLORE PIU’
ATROCE: LA PENA
DEL DANNO
Provata
l'esistenza
dell'inferno con
gli argomenti
della ragione,
con quelli della
Rivelazione
divina e con
episodi
documentati,
consideriamo ora
in che cosa
consista
essenzialmente
la pena di chi
cade nel baratro
infernale.
Gesù chiama gli
abissi eterni:
"luogo di
tormento" (Lc
16, 28). Molte
sono le pene
sofferte dai
dannati
all'inferno, ma
la principale è
quella del
danno, che San
Tommaso d'Aquino
definisce:
“privazione del
Sommo Bene”,
cioè di Dio.
Noi siamo fatti
per Dio (da Lui
veniamo e a Lui
andiamo), ma
finché siamo in
questa vita
possiamo anche
non dar alcuna
importanza a Dio
e tamponare, con
la presenza
delle creature,
il vuoto
lasciato in noi
dall'assenza del
Creatore.
Finché è qui
sulla terra,
l'uomo può
stordirsi con
delle piccole
gioie terrene;
può vivere, come
purtroppo fanno
tanti che
ignorano il loro
Creatore,
saziando il
cuore con
l'amore a una
persona, o
godendo della
ricchezza, o
assecondando
altre passioni,
anche le più
disordinate, ma
in ogni caso,
anche qui sulla
terra, senza Dio
l'uomo non può
trovare la vera
e piena
felicità, perché
la vera felicità
è solo Dio.
Ma appena
un'anima entra
nell'eternità,
avendo lasciato
nel mondo tutto
ciò che aveva ed
amava e
conoscendo Dio
così com'è,
nella sua
infinita
bellezza e
perfezione, si
sente fortemente
attratta ad
unirsi a Lui,
più che il ferro
verso una
potente
calamita.
Riconosce allora
che l'unico
oggetto del vero
amore è il Sommo
Bene, Dio,
l'Onnipotente.
Ma se un'anima
disgraziatamente
lascia questa
terra in uno
stato di
inimicizia verso
Dio, si sentirà
respinta dal
Creatore: "Via,
lontano da me,
maledetta, nel
fuoco eterno,
preparato per il
diavolo e per i
suoi angeli!"
(Mt 25, 41).
Aver conosciuto
il Supremo
Amore... sentire
il bisogno
impellente di
amarlo e di
essere riamati
da Lui... e
sentirsene
respinti... per
tutta
l'eternità,
questo è il
primo e più
atroce tormento
per tutti i
dannati.
AMORE IMPEDITO
Chi non conosce
la potenza
dell'amore umano
e gli eccessi a
cui può giungere
quando sorge
qualche
ostacolo?
Visitavo
l'ospedale Santa
Marta di
Catania; vidi
sulla soglia di
un camerone una
donna in
lacrime; era
inconsolabile.
Povera madre!
Stava morendo
suo figlio. Mi
sono soffermato
con lei per
dirle una parola
di conforto ed
ho saputo...
Quel ragazzo
amava
sinceramente una
ragazza e voleva
sposarla, ma non
era da questa
corrisposto.
Davanti a questo
ostacolo
insuperabile,
pensando di non
poter più vivere
senza l'amore di
quella donna e
non volendo che
sposasse qualcun
altro, giunse al
colmo della
follia: diede
diverse
coltellate alla
ragazza e poi
tentò il
suicidio.
Quei due ragazzi
spirarono nello
stesso ospedale
a poche ore di
distanza.
Che cos'è
l'amore umano in
confronto
all'Amore
divino...? Che
cosa non farebbe
un'anima dannata
pur di arrivare
a possedere
Dio...?!?
Pensando che per
tutta l'eternità
non potrà
amarlo, vorrebbe
non essere mai
esistita o
sprofondare nel
nulla, se fosse
possibile, ma
essendo questo
impossibile
sprofonda nella
disperazione.
Ognuno può farsi
una sia pur
debole idea
della pena di un
dannato che si
separa da Dio,
pensando a ciò
che prova il
cuore umano alla
perdita di una
persona cara: la
sposa alla morte
dello sposo, la
madre alla morte
di un figlio, i
figli alla morte
dei loro
genitori...
Ma queste pene,
che sulla terra
sono le
sofferenze più
grandi tra tutte
quelle che
possono
straziare il
cuore umano,
sono ben poca
cosa davanti
alla pena
disperata dei
dannati.
IL PENSIERO DI
ALCUNI SANTI
La perdita di
Dio, dunque, è
il più grande
dolore che
tormenta i
dannati.
- San Giovanni
Crisostomo dice:
"Se tu dirai
mille inferni,
non avrai ancora
detto nulla che
possa uguagliare
la perdita di
Dio".
- Sant'Agostino
insegna: "Se i
dannati
godessero la
vista di Dio non
sentirebbero i
loro tormenti e
lo stesso
inferno si
cambierebbe in
paradiso".
- San Brunone,
parlando del
giudizio
universale, nel
suo libro dei
"Sermoni"
scrive: "Si
aggiungano pure
tormenti a
tormenti; tutto
è nulla davanti
alla privazione
di Dio".
- Sant'Alfonso
precisa: "Se
udissimo un
dannato piangere
e gli
chiedessimo:
'Perché piangi
tanto?, ci
sentiremmo
rispondere:
“Piango perché
ho perduto
Dio!”. Almeno il
dannato potesse
amare il suo Dio
e rassegnarsi
alla sua
volontà! Ma non
può farlo. È
costretto a
odiare il suo
Creatore nello
stesso tempo che
lo riconosce
degno di
infinito amore".
Santa Caterina
da Genova quando
le apparve il
demonio lo
interrogò: "Tu
chi sei?" - "lo
sono quel
perfido che si è
privato
dell'amore di
Dio!".
ALTRE PRIVAZIONI
Dalla privazione
di Dio, come
dice il Lessio,
derivano
necessariamente
altre privazioni
estremamente
penose: la
perdita del
paradiso, cioè
della gioia
eterna per la
quale l'anima è
stata creata e a
cui naturalmente
continua a
tendere; la
privazione della
compagnia degli
Angeli e dei
Santi, essendoci
un abisso
insuperabile tra
i Beati e i
dannati; la
privazione della
gloria del corpo
dopo la
risurrezione
universale.
Ascoltiamo che
cosa disse un
dannato riguardo
alle sue atroci
sofferenze.
Nel 1634 a
Loudun, nella
diocesi di
Poitiers, si
presentò ad un
pio sacerdote
un'anima
dannata. Quel
sacerdote
chiese: "Che
cosa soffri
all'inferno?" -
"Noi soffriamo
un fuoco che non
si spegne mai,
una terribile
maledizione e
soprattutto una
rabbia
impossibile a
descriversi,
perché non
possiamo vedere
Colui che ci ha
creati e che
abbiamo perduto
per sempre per
colpa nostra!...
".
IL TORMENTO DEL
RIMORSO
Parlando dei
dannati, Gesù
dice: "Il loro
verme non muore"
(Mc 9, 48).
Questo "verme
che non muore",
spiega San
Tommaso, è il
rimorso, dal
quale il dannato
sarà in eterno
tormentato.
Mentre il
dannato sta nel
luogo dei
tormenti pensa:
"Mi sono perduto
per niente, per
godere appena
piccole e false
gioie nella vita
terrena che è
svanita in un
lampo... Avrei
potuto salvarmi
con tanta
facilità e
invece mi sono
dannato per
niente, per
sempre e per
colpa mia!".
Nel libro
"Apparecchio
alla morte" si
legge che a
Sant'Umberto
apparve un
defunto che si
trovava
all'inferno;
questi affermò:
"Il terribile
dolore che
continuamente mi
rode è il
pensiero del
poco per cui mi
sono dannato e
del poco che
avrei dovuto
fare per andare
in paradiso!".
Nello stesso
libro,
Sant'Alfonso
riporta anche
l'episodio di
Elisabetta,
regina
d'Inghilterra,
che stoltamente
arrivò a dire:
"Dio, dammi
quarant'anni di
regno e io
rinuncio al
paradiso!". Ebbe
effettivamente
un regno di
quarant'anni, ma
dopo la morte fu
vista di notte
sulle sponde del
Tamigi, mentre,
circondata da
fiamme, gridava:
"Quarant'anni di
regno e
un'eternità di
dolore!...".
LA PENA DEL
SENSO
Oltre alla pena
del danno che,
come si è visto,
consiste nel
dolore atroce
per la perdita
di Dio, ai
dannati è
riservata
nell'altra vita
la pena del
senso.
Si legge nella
Bibbia: "Con
quelle stesse
cose per cui uno
pecca, con esse
è poi castigato"
(Sap 11, 10).
Quanto più
dunque uno avrà
offeso Dio con
un senso, tanto
più, sarà
tormentato in
esso.
E’ la legge del
contrappasso, di
cui si servì
anche Dante
Alighieri nella
sua "Divina
Commedia'; il
poeta assegnò ai
dannati pene
diverse, in
rapporto ai loro
peccati.
La più terribile
pena del senso è
quella del
fuoco, di cui ci
ha parlato più
volte Gesù.
Anche su questa
terra la pena
del fuoco è la
maggiore tra le
pene sensibili,
ma c'è una
grande
differenza tra
il fuoco terreno
e quello
dell'inferno.
Dice
Sant'Agostino:
"A confronto del
fuoco
dell'inferno il
fuoco che
conosciamo noi è
come se fosse
dipinto". La
ragione è che il
fuoco terreno
Dio l'ha voluto
per il bene
dell'uomo,
quello
dell'inferno,
invece, l'ha
creato per
punire le sue
colpe.
II dannato è
circondato dal
fuoco, anzi, è
immerso in esso
più che il pesce
nell'acqua;
sente il
tormento delle
fiamme e come il
ricco epulone
della parabola
evangelica urla:
"Questa fiamma
mi tortura!" (Lc
16, 24).
Alcuni non
possono
sopportare il
disagio di
camminare per
strada sotto un
sole cocente e
poi magari...
non temono quel
fuoco che dovrà
divorarli in
eterno!
Parlando a chi
vive
incoscientemente
nel peccato,
senza porsi il
problema della
finale resa dei
conti, San Pier
Damiani scrive:
"Continua,
pazzo, ad
accontentare la
tua carne; verrà
un giorno in cui
i tuoi peccati
diventeranno
come pece nelle
tue viscere che
farà più
tormentosa la
fiamma che ti
divorerà in
eterno!".
È illuminante
l'episodio che
San Giovanni
Bosco narra
nella biografia
di Michele
Magone, uno dei
suoi migliori
ragazzi. "Alcuni
ragazzi
commentavano una
predica
sull'inferno.
Uno di essi osò
dire
scioccamente:
'Se andremo
all'inferno
almeno ci sarà
il fuoco per
riscaldarsi!'. A
queste parole
Michele Magone
corse a prendere
una candela,
l'accese e
accostò la
fiammella alle
mani del ragazzo
spavaldo. Questi
non si era
accorto della
cosa e, quando
sentì il forte
calore alle mani
che teneva
dietro la
schiena, scattò
subito e si
arrabbiò. “Come
- rispose
Michele - non
puoi sopportare
per un momento
la debole fiamma
di una candela e
arrivi a dire
che staresti
volentieri tra
le fiamme
dell'inferno?.”
La pena del
fuoco comporta
anche la sete.
Quale tormento
la sete ardente
in questo mondo!
E quanto più
grande sarà lo
stesso tormento
all'inferno,
come testimonia
il ricco epulone
nella parabola
narrata da Gesù!
Una sete
inestinguibile!!!
LA TESTIMONIANZA
DI UNA SANTA
Santa Teresa
d'Avita, che fu
una delle
principali
scrittrici del
suo secolo, ebbe
da Dio, in
visione, il
privilegio di
scendere
all'inferno
mentre era
ancora in vita.
Ecco come
descrive, nella
sua
“Autobiografia”
ciò che vide e
provò negli
abissi
infernali.
"Trovandomi un
giorno in
preghiera,
improvvisamente
fui trasportata
in anima e corpo
all'inferno.
Compresi che Dio
voleva farmi
vedere il luogo
preparatomi dai
demoni e che
avrei meritato
per i peccati in
cui sarei caduta
se non avessi
cambiato vita.
Per quanti anni
io abbia a
vivere non potrò
mai dimenticare
l'orrore
dell'inferno.
L'ingresso di
questo luogo di
tormenti mi è
sembrato simile
a una specie di
forno, basso e
oscuro. Il suolo
non era che
orribile fango,
pieno di rettili
velenosi e c'era
un odore
insopportabile.
Sentivo
nell'anima mia
un fuoco, del
quale non vi
sono parole che
possano
descrivere la
natura e il mio
corpo
contemporaneamente
in preda ai più
atroci tormenti.
I grandissimi
dolori che avevo
già sofferto
nella mia vita
sono nulla in
confronto a
quelli provati
all'inferno.
Inoltre, l'idea
che le pene
sarebbero state
senza fine e
senza alcun
sollievo,
completava il
mio terrore.
Ma queste
torture del
corpo non sono
paragonabili a
quelle
dell'anima.
Provavo
un'angoscia, una
stretta al cuore
così sensibile
e, nello stesso
tempo, così
disperata e così
amaramente
triste, che
tenterei invano
di descriverla.
Dicendo che in
ogni momento si
soffrono le
angosce della
morte, direi
poco.
Non potrò mai
trovare
espressione
adatta per dare
un'idea di
questo fuoco
interiore e di
questa
disperazione,
che
costituiscono
appunto la parte
peggiore
dell'inferno.
Ogni speranza di
consolazione è
spenta in
quell'orribile
luogo; vi si
respira un'aria
pestilenziale:
ci si sente
soffocare.
Nessun raggio di
luce: non vi
sono che tenebre
e tuttavia, oh
mistero, senza
alcuna luce che
rischiari, si
vede quanto vi
può essere di
più ripugnante e
penoso alla
vista.
Posso assicurare
che tutto quanto
si può dire
dell'inferno,
quanto si legge
nei libri di
strazi e di
supplizi diversi
che i demoni
fanno subire ai
dannati, è un
nulla in
confronto alla
realtà; c'è la
stessa
differenza che
passa tra il
ritratto di una
persona e la
persona stessa.
Bruciare in
questo mondo è
pochissima cosa
in confronto a
quel fuoco che
provai
all'inferno.
Sono ormai
trascorsi circa
sei anni da
quella
spaventosa
visita
all'inferno ed
io,
descrivendola,
mi sento ancora
presa da tale
terrore che il
sangue mi si
gela nelle vene.
In mezzo alle
mie prove e ai
dolori richiamo
spesso tale
ricordo ed
allora quanto si
può soffrire in
questo mondo mi
sembra cosa da
ridere.
Siate dunque
eternamente
benedetto, o mio
Dio, perché mi
avete fatto
provare nel modo
più reale
l'inferno,
ispirandomi così
il più vivo
timore per tutto
ciò che può ad
esso condurre."
IL GRADO DELLA
PENA
A chiusura del
capitolo sulle
pene dei dannati
è bene accennare
alla diversità
del grado di
pena.
Dio è
infinitamente
giusto; e come
in paradiso
assegna gradi
maggiori di
gloria a coloro
che più lo hanno
amato durante la
vita, così
all'inferno dà
pene maggiori a
chi l'ha offeso
di più.
Chi è nel fuoco
eterno per un
solo peccato
mortale soffre
orribilmente per
quest'unica
colpa; chi è
dannato per
cento, o
mille... peccati
mortali soffre
cento, o mille
volte... di più.
Più legna si
mette nel forno,
più aumenta la
fiamma e il
calore. Perciò
chi, tuffato nel
vizio, calpesta
la legge di Dio
moltiplicando
ogni giorno le
sue colpe, se
non si rimette
in grazia di Dio
e muore nel
peccato, avrà un
inferno più
tormentoso di
altri.
Per chi soffre è
un sollievo
pensare: "Un
giorno finiranno
queste mie
sofferenze".
II dannato,
invece, non
trova alcun
sollievo, anzi,
il pensiero che
i suoi tormenti
non avranno fine
è come un
macigno che
rende più atroce
ogni altro
dolore.
Chi va
all'inferno (e
chi ci va, ci va
per sua libera
scelta) vi
resta... in
eterno!!!
Per questo Dante
Alighieri, nel
suo "Inferno",
scrive:
"Lasciate ogni
speranza, o voi
ch'entrate!".
Non è
un'opinione, ma
è verità di
fede, rivelata
direttamente da
Dio, che il
castigo dei
dannati non avrà
mai fine.
Ricordo soltanto
quanto ho già
citato delle
parole di Gesù:
"Via, lontano da
me, maledetti,
nel fuoco
eterno" (Mt 25,
41).
Scrive
Sant'Alfonso:
"Quale pazzia
sarebbe quella
di chi, per
godersi una
giornata di
spasso,
accettasse la
condanna di star
chiuso in una
fossa per venti
o trent'anni! Se
l'inferno
durasse cento
anni, o anche
solo due o tre
anni, pure
sarebbe una
grande pazzia
per un attimo di
piacere
condannarsi a
due o tre anni
di fuoco. Ma qui
non si tratta di
cento o di mille
anni, si tratta
dell'eternità, e
cioè di patire
per sempre gli
stessi atroci
tormenti che non
avranno mai
fine."
I miscredenti
dicono: "Se
esistesse un
inferno eterno,
Dio sarebbe
ingiusto. Perché
castigare un
peccato che dura
un momento con
una pena che
dura in
eterno?".
Si può
rispondere: "E
come può un
peccatore, per
il piacere di un
momento,
offendere un Dio
di infinita
maestà? E come
può, con i suoi
peccati,
calpestare la
passione e la
morte di Gesù?".
"Anche nel
giudizio umano -
dice San Tommaso
- la pena non si
misura secondo
la durata della
colpa, ma
secondo la
qualità del
delitto".
L'omicidio,
anche se si
commette in un
momento, non
viene punito con
una pena
momentanea.
Dice San
Bernardino da
Siena: "Con ogni
peccato mortale
si fa a Dio
un'ingiustizia
infinita,
essendo Egli
infinito; e a
un'ingiuria
infinita spetta
una pena
infinita!".
SEMPRE!...
SEMPRE!!...
SEMPRE!!!
Si narra negli
"Esercizi
Spirituali" del
Padre Segneri
che a Roma,
essendo stato
chiesto al
demonio che
stava nel corpo
di un ossesso,
per quanto tempo
dovesse stare
all'inferno,
rispose con
rabbia:
"Sempre!...
Sempre!!...
Sempre!!!".
Fu così grande
lo spavento che
molti giovani
del seminario
romano, presenti
all'esorcismo,
fecero una
confessione
generale e si
incamminarono
con più impegno
nella via della
perfezione.
Anche per il
tono in cui
furono gridate,
quelle tre
parole del
demonio:
"Sempre!...
Sempre!!...
Sempre!!!'
fecero più
effetto di una
lunga predica.
IL CORPO RISORTO
L'anima dannata
soffrirà
all'inferno da
sola, cioè senza
il suo corpo,
fino al giorno
del giudizio
universale; poi,
per l'eternità,
anche il corpo,
essendo stato
strumento di
male durante la
vita, prenderà
parte ai
tormenti eterni.
La risurrezione
dei corpi
avverrà
certamente.
È Gesù che ci
assicura questa
verità di fede:
"Verrà l'ora in
cui tutti coloro
che sono nei
sepolcri udranno
la sua voce e ne
usciranno:
quanti fecero il
bene, per una
risurrezione di
vita e quanti
fecero il male,
per una
risurrezione di
condanna" (Gv 5,
28-29).
Insegna
l'Apostolo
Paolo: "Tutti
saremo
trasformati in
un istante, in
un batter
d'occhio, al
suono
dell'ultima
tromba; suonerà
infatti la
tromba e i morti
risorgeranno
incorrotti e noi
saremo
trasformati. È
necessario
infatti che
questo corpo
corruttibile si
vesta di
incorruttibilità
e questo corpo
mortale si vesta
di immortalità"
(1 Cor 15,
51-53).
Dopo la
risurrezione,
dunque, tutti i
corpi saranno
immortali e
incorruttibili.
Non tutti però
saremo
trasformati allo
stesso modo. La
trasformazione
del corpo
dipenderà dallo
stato e dalle
condizioni in
cui si troverà
l'anima
nell'eternità:
saranno gloriosi
i corpi dei
salvati e
orrendi i corpi
dei dannati.
Perciò se
l'anima si
troverà in
paradiso, nello
stato di gloria
e di
beatitudine,
rifletterà nel
suo corpo
risorto le
quattro
caratteristiche
proprie dei
corpi degli
eletti: la
spiritualità,
l'agilità, lo
splendore e
l'incorruttibilità.
Se invece
l'anima si
troverà
all'inferno,
nello stato di
dannazione,
imprimerà nel
suo corpo
caratteristiche
del tutto
opposte. L'unica
proprietà che il
corpo dei
dannati avrà in
comune col corpo
dei beati è
l'incorruttibilità:
anche i corpi
dei dannati non
saranno più
soggetti alla
morte.
Riflettano molto
e molto bene
coloro che
vivono
nell'idolatria
del loro corpo e
lo appagano in
tutte le sue
voglie
peccaminose! I
piaceri
peccaminosi del
corpo saranno
ripagati con un
cumulo di
tormenti per
tutta
l'eternità.
È SCESA DA
VIVA...
ALL’INFERNO!
Ci sono nel
mondo alcune
persone
privilegiate che
sono scelte da
Dio per una
missione
particolare.
A costoro Gesù
si presenta in
modo sensibile e
le fa vivere
nello stato di
vittime,
rendendole
compartecipi
anche dei dolori
della sua
Passione.
Perché possano
soffrire di più
e così salvare
più peccatori,
Dio permette che
alcune di queste
persone siano
trasportate,
anche se
viventi,
nell'ordine
soprannaturale e
che patiscano
per qualche
tempo
all'inferno, con
l'anima e col
corpo.
Come avvenga
questo fenomeno
non possiamo
spiegarlo. Si sa
solo che, quando
tornano
dall'inferno,
queste anime
vittime sono
afflittissime.
Le anime
privilegiate di
cui si parla,
improvvisamente
scompaiono dalla
propria camera,
anche alla
presenza di
testimoni, e
dopo un certo
periodo,
talvolta di
diverse ore,
riappaiono.
Sembrano cose
impossibili, ma
ci sono
documentazioni
storiche.
Si è già detto
di Santa Teresa
d'Avita.
Ora citiamo il
caso di un'altra
Serva di Dio:
Josepha Menendez,
vissuta in
questo secolo.
Ascoltiamo dalla
stessa Menendez
la narrazione di
qualche sua
visita
all'inferno.
"In un istante
mi trovai
nell'inferno, ma
senza esservi
trascinata come
le altre volte,
e proprio come
vi devono cadere
i dannati.
L'anima vi si
precipita da se
stessa, vi si
getta come se
desiderasse
sparire dalla
vista di Dio,
per poterlo
odiare e
maledire.
L'anima mia si
lasciò cadere in
un abisso di cui
non si poteva
vedere il fondo,
perché
immenso... Ho
visto l'inferno
come sempre:
antri e fuoco.
Benché non si
vedano forme
corporali, i
tormenti
straziano le
anime dannate
(che tra loro si
conoscono) come
se i loro corpi
fossero
presenti.
Fui spinta in
una nicchia di
fuoco e
schiacciata come
tra piastre
roventi e come
se dei ferri e
delle punte
aguzze
arroventate si
infiggessero nel
mio corpo.
Ho sentito come
se, pur senza
riuscirci, si
volesse
strapparmi la
lingua, cosa che
mi riduceva agli
estremi, con un
atroce dolore.
Gli occhi mi
sembrava che
uscissero
dall'orbita,
credo a causa
del fuoco che li
bruciava
orrendamente.
Non si può né
muovere un dito
per cercare
sollievo, né
cambiare
posizione; il
corpo è come
compresso. Gli
orecchi sono
come storditi
dalle grida
orrende e
confuse che non
cessano un solo
istante.
Un odore
nauseabondo e
una ripugnante
asfissia invade
tutti, come se
bruciasse carne
in putrefazione
con pece e
zolfo.
Tutto questo
l'ho provato
come nelle altre
occasioni e,
sebbene questi
tormenti siano
terribili,
sarebbero un
nulla se l'anima
non soffrisse;
ma essa soffre
in modo
indicibile per
la privazione di
Dio.
Vedevo e sentivo
alcune di queste
anime dannate
ruggire per
l'eterno
supplizio che
sanno di dover
sopportare,
specialmente
alle mani. Penso
che durante la
vita abbiano
rubato, poiché
gridavano:
'Maledette mani,
dov'è ora quello
che avete
preso?'...
Altre anime,
urlando,
accusavano la
propria lingua,
o gli occhi...
ognuna ciò che è
stato la causa
del suo peccato:
'Ora paghi
atrocemente le
delizie che ti
concedevi, o mio
corpo!... E sei
tu, o corpo, che
l'hai voluto!...
Per un istante
di piacere,
un'eternità di
dolore!:..
Mi sembra che
all'inferno le
anime si
accusino
specialmente di
peccati di
impurità.
Mentre ero in
quell'abisso, ho
visto
precipitare
delle persone
impure e non si
possono dire né
comprendere gli
orrendi ruggiti
che uscivano
dalle loro
bocche:
'Maledizione
eterna!... Mi
sono
ingannata!... Mi
sono perduta!...
Sarò qui per
sempre!... per
sempre!!... per
sempre!!!... e
non ci sarà più
rimedio...
Maledetta me!:..
Una ragazzina
urlava
disperatamente,
imprecando
contro le
cattive
soddisfazioni
che ha concesso
in vita al suo
corpo e
maledicendo i
genitori che le
avevano dato
troppa libertà
nel seguire la
moda e i
divertimenti
mondani. Era
dannata da tre
mesi.
Tutto ciò che ho
scritto -
conclude la
Menendez - è
soltanto una
pallida ombra al
confronto con
ciò che si
soffre veramente
all'inferno."
L'autore di
questo scritto,
direttore
spirituale di
parecchie anime
privilegiate, ne
conosce tre,
tuttora viventi,
che hanno fatto
e fanno ancora
visite di questo
genere
all'inferno. C'è
da rabbrividire
per quello che
mi riferiscono.
INVIDIA
DIABOLICA
I demoni
precipitarono
all'inferno per
il loro odio
verso Dio e per
la loro invidia
nei confronti
dell'uomo. E per
questo odio e
per questa
invidia fanno di
tutto per
riempire gli
abissi
infernali.
Col desiderio
che si
guadagnino il
premio eterno,
Dio ha voluto
che gli uomini
sulla terra
fossero
sottoposti a una
prova: ha dato
loro due grandi
comandamenti:
amare Dio con
tutto il cuore e
il prossimo come
se stessi.
Essendo dotato
di libertà,
ognuno decide se
obbedire al
Creatore o
ribellarsi a
Lui. La libertà
è un dono, ma
guai ad
abusarne! I
demoni non
possono
violentare la
libertà
dell'uomo fino
al punto di
sopprimerla,
possono però
fortemente
condizionarla.
Lo scrivente,
nel 1934, faceva
gli esorcismi ad
una bambina
ossessa. Riporto
un breve
colloquio tenuto
col demonio.
- Perché ti
trovi in questa
bambina? - Per
tormentarla.
- E prima di
essere qui,
dov'eri? -
Andavo lungo le
vie.
- Che cosa fai
quando vai in
giro?
- Cerco di far
commettere
peccati alla
gente. - E cosa
ci guadagni?
- La
soddisfazione di
farvi venire
all'inferno con
me... Non
aggiungo il
resto del
colloquio.
Dunque, per
tentare le
persone al
peccato i demoni
vanno in giro,
in modo
invisibile, ma
reale.
Ce lo ricorda
San Pietro:
"Siate
temperanti,
vigilate. Il
vostro nemico,
il diavolo, come
leone ruggente
va in giro,
cercando chi
divorare.
Resistetegli
saldi nella
fede." (1 Pt 5,
8-9).
II pericolo c'è,
è reale e grave,
non va
sottovalutato,
ma c'è anche la
possibilità e il
dovere di
difendersi.
La vigilanza,
cioè la
prudenza, una
vita spirituale
intensa
coltivata con la
preghiera, con
qualche
rinuncia, con
buone letture,
con buone
amicizie, la
fuga dalle
cattive
occasioni e
dalle cattive
compagnie. Se
non si attua
questa
strategia, non
riusciamo più a
dominare i
nostri pensieri,
gli sguardi, le
parole, le
azioni e...
inesorabilmente,
nella nostra
vita spirituale
tutto franerà.
PARLA LUCIFERO
Nel libro
'Invito
all'amore' è
descritto un
colloquio tra il
principe delle
tenebre,
Lucifero e
alcuni demoni.
La Menendez così
lo racconta.
"Mentre ero
discesa
all'inferno,
udii Lucifero
dire ai suoi
satelliti: 'Voi
dovete tentare e
prendere gli
uomini ognuno
per il suo
verso: chi per
la superbia, chi
per l'avarizia,
chi per l'ira,
chi per la gola,
chi per
l'invidia, altri
per l'accidia,
altri ancora per
la lussuria...
Andate e
impegnatevi più
che potete!
Spingeteli
all'amore come
lo intendiamo
noi! Fate bene
il vostro
lavoro, senza
tregua e senza
pietà. Bisogna
rovinare il
mondo e far in
modo che le
anime non ci
sfuggano'.
Gli ascoltatori
rispondevano:
`Siamo tuoi
schiavi!
Lavoreremo senza
riposo. Molti ci
combattono, ma
noi lavoreremo
giorno e
notte...
Riconosciamo la
tua potenza'.
Sentii in
lontananza come
un rumore di
coppe e di
bicchieri.
Lucifero gridò:
'Lasciateli
gozzovigliare;
dopo, tutto ci
sarà più facile.
Visto che amano
ancora godere,
finiscano il
loro banchetto!
Quella è la
porta per cui
entreranno'.
Aggiunse poi
cose orribili
che non si
possono dire né
scrivere. Satana
gridava
rabbiosamente
per un'anima che
gli stava
sfuggendo:
'Istigatela al
timore!
Spingetela alla
disperazione,
perché se si
affida alla
misericordia di
quel... (e
bestemmiava
Nostro Signore)
siamo perduti.
Riempitela di
timore, non
lasciatela un
solo istante e
soprattutto
fatela
disperare'."
Così dicono e
purtroppo così
fanno i demoni;
la loro potenza,
anche se dopo la
venuta di Gesù è
più limitata, è
ancora
spaventosa.
IV
I PECCATI CHE
REGALANO PIU’
CLIENTI
ALL’INFERNO
INSIDIE IN
AGGUATO
È
particolarmente
importante tener
presente la
prima insidia
diabolica, che
trattiene tante
anime nella
schiavitù di
Satana: è la
mancanza di
riflessione, che
fa perdere di
vista il fine
della vita.
II demonio grida
alle sue prede:
"La vita è un
piacere; dovete
cogliere tutte
le gioie che la
vita vi regala".
Gesù invece
sussurra al tuo
cuore: 'Beati
quelli che
piangono." (cfr.
Mt 5, 4)... "Per
entrare in cielo
bisogna farsi
violenza." (cfr.
Mt 11, 12)...
"Chi vuol venire
dietro a me,
rinneghi se
stesso, prenda
la sua croce
ogni giorno e mi
segua." (Lc 9,
23).
Il nemico
infernale ci
suggerisce:
"Pensate al
presente, perché
con la morte
tutto finisce!".
II Signore
invece ti
esorta:
"Ricordati dei
novissimi (la
morte, il
giudizio,
l'inferno e il
paradiso) e non
peccherai".
L'uomo impiega
buona parte del
suo tempo in
tanti affari e
dimostra
intelligenza e
scaltrezza
nell'acquistare
e conservare i
beni terreni, ma
poi non impiega
neppure le
briciole del suo
tempo per
riflettere sulle
necessità molto
più importanti
della sua anima,
per cui vive in
un'assurda,
incomprensibile
e
pericolosissima
superficialità,
che può avere
conseguenze
spaventose.
II demonio porta
a pensare:
"Meditare non
serve a niente:
tempo perso!".
Se oggi tanti
vivono in
peccato è perché
non riflettono
seriamente e non
meditano mai
sulle verità
rivelate da Dio.
II pesce che è
già finito nella
rete del
pescatore,
finché è ancora
nell'acqua non
sospetta di
essere stato
catturato,
quando però la
rete esce dal
mare, si dibatte
perché sente
vicina la sua
fine; ma ormai è
troppo tardi.
Così i
peccatori...!
Finché sono in
questo mondo se
la spassano
allegramente e
non sospettano
nemmeno di
essere nella
rete diabolica;
se ne
accorgeranno
quando ormai non
potranno più
rimediarvi...
appena entrati
nell'eternità!
Se potessero
ritornare in
questo mondo
tanti trapassati
che vissero
senza pensare
all'eternità,
come cambierebbe
la loro vita!
SPRECO DI BENI
Da quanto
esposto finora e
specialmente dal
racconto di
certi fatti,
appare chiaro
quali siano i
principali
peccati che
portano alla
dannazione
eterna, ma si
tenga presente
che non sono
solo questi
peccati a
spedire gente
all'inferno: ce
ne sono molti
altri.
Per quale
peccato il ricco
epulone è finito
all'inferno?
Aveva tanti beni
e li sprecava in
banchetti
(sperpero e
peccato di
gola); e inoltre
si manteneva
ostinatamente
insensibile ai
bisogni dei
poveri (mancanza
di amore e
avarizia).
Tremino dunque
certi ricchi che
non vogliono
esercitare la
carità: anche a
loro, se non
cambiano vita, è
riservata la
sorte del ricco
epulone.
L’IMPURITA’
Il peccato che
più facilmente
porta
all'inferno è
l'impurità. Dice
Sant'Alfonso:
"Si va
all'inferno
anche solo per
questo peccato,
o comunque non
senza di esso".
Ricordo le
parole del
demonio
riportate nel
primo capitolo:
'Tutti quelli
che sono là
dentro, nessuno
escluso, ci sono
con questo
peccato o anche
solo per questo
peccato".
Qualche volta,
se costretto,
anche il diavolo
dice la verità!
Gesù ci ha
detto: "Beati i
puri di cuore,
perché vedranno
Dio" (Mt 5, 8).
Ciò significa
che gli impuri
non solo non
vedranno Dio
nell'altra vita,
ma neanche in
questa vita
riescono a
sentirne il
fascino, per cui
perdono il gusto
della preghiera,
pian piano
perdono la fede
anche senza
accorgersene
e... senza fede
e senza
preghiera non
percepiscono più
per quale motivo
dovrebbero fare
il bene e
fuggire il male.
Così ridotti,
sono attratti da
ogni peccato.
Questo vizio
indurisce il
cuore e, senza
una grazia
speciale,
trascina
all'impenitenza
finale e...
all'inferno.
MATRIMONI
IRREGOLARI
Dio perdona
qualunque colpa,
purché ci sia il
vero pentimento
e cioè la
volontà di
mettere fine ai
propri peccati e
di cambiare
vita.
Fra mille
matrimoni
irregolari
(divorziati
risposati,
conviventi)
forse solo
qualcuno
sfuggirà
all'inferno,
perché
normalmente non
si pentono
neanche in punto
di morte;
infatti, se
campassero
ancora
continuerebbero
a vivere nella
stessa
situazione
irregolare.
C'è da tremare
al pensiero che
quasi tutti
oggi, anche
quelli che
divorziati non
sono,
considerano il
divorzio come
una cosa
normale!
Purtroppo, molti
ormai ragionano
come vuole il
mondo e non più
come vuole Dio.
IL SACRILEGIO
Un peccato che
può condurre
alla dannazione
eterna è il
sacrilegio.
Disgraziato
colui che si
mette su questa
strada! Commette
sacrilegio chi
volontariamente
nasconde in
Confessione
qualche peccato
mortale, oppure
si confessa
senza la volontà
di lasciare il
peccato o di
fuggirne le
occasioni
prossime. Quasi
sempre chi si
confessa in modo
sacrilego compie
anche il
sacrilegio
eucaristico,
perché poi
riceve la
Comunione in
peccato mortale.
Racconta San
Giovanni
Bosco...
"Mi trovai con
la mia guida
(l'Angelo
custode) in
fondo a un
precipizio che
finiva in una
valle oscura. Ed
ecco comparire
un edificio
immenso con una
porta altissima
che era chiusa.
Toccammo il
fondo del
precipizio; un
caldo soffocante
mi opprimeva; un
fumo grasso,
quasi verde e
guizzi di fiamme
sanguigne si
innalzavano sui
muraglioni
dell'edificio.
Domandai: 'Dove
ci troviamo?'.
'Leggi
l'iscrizione che
c'è sulla
porta'. mi
rispose la
guida. Guardai e
vidi scritto: 'Ubi
non est
redemptio! ,
cioè: `Dove non
c'è
redenzione!',
Intanto vidi
precipitare
dentro quel
baratro... prima
un giovane, poi
un altro e poi
altri ancora;
tutti avevano
scritto in
fronte il
proprio peccato.
Mi disse la
guida: 'Ecco la
causa prevalente
di queste
dannazioni: i
compagni
cattivi, i libri
cattivi e le
perverse
abitudini'.
Quei poveri
ragazzi erano
giovani che io
conoscevo.
Domandai alla
mia guida: “Ma
dunque è inutile
lavorare tra i
giovani se poi
tanti fanno
questa fine!
Come impedire
tutta questa
rovina?” –
“Quelli che hai
visto sono
ancora in vita;
questo però è lo
stato attuale
delle loro
anime, se
morissero in
questo momento
verrebbero
senz'altro qui!”
disse l'Angelo.
Dopo entrammo
nell'edificio;
si correva con
la velocità di
un baleno.
Sboccammo in un
vasto e tetro
cortile. Lessi
questa
iscrizione: 'Ibunt
impii in ignem
aetemum! ; cioè:
`Gli empi
andranno nel
fuoco eterno!'.
Vieni con me -
soggiunse la
guida. Mi prese
per una mano e
mi condusse
davanti a uno
sportello che
aperse. Mi si
presentò allo
sguardo una
specie di
caverna, immensa
e piena di un
fuoco
terrificante,
che sorpassava
di molto il
fuoco della
terra. Questa
spelonca non ve
la posso
descrivere, con
parole umane, in
tutta la sua
spaventosa
realtà.
All'improvviso
cominciai a
vedere dei
giovani che
cadevano nella
caverna ardente.
La guida mi
disse:
'L'impurità è la
causa della
rovina eterna di
tanti giovani!'.
- Ma se hanno
peccato si sono
poi anche
confessati.
- Si sono
confessati, ma
le colpe contro
la virtù della
purezza le hanno
confessate male
o del tutto
taciute. Ad
esempio, uno
aveva commesso
quattro o cinque
di questi
peccati, ma ne
ha detto solo
due o tre. Ve ne
sono alcuni che
ne hanno
commesso uno
nella
fanciullezza e
per vergogna non
l'hanno mai
confessato o
l'hanno
confessato male.
Altri non hanno
avuto il dolore
e il proposito
di cambiare.
Qualcuno invece
di fare l'esame
di coscienza
cercava le
parole adatte
per ingannare il
confessore. E
chi muore in
questo stato,
decide di
collocarsi tra i
colpevoli non
pentiti e tale
resterà per
tutta
l'eternità. Ed
ora vuoi vedere
perché la
misericordia di
Dio ti ha
portato qui? -
La guida sollevò
un velo e vidi
un gruppo di
giovani di
questo oratorio
che conoscevo
bene: tutti
condannati per
questa colpa.
Fra questi ce
n'erano alcuni
che in apparenza
avevano una
buona condotta.
La guida mi
disse ancora:
'Predica sempre
e ovunque contro
l'impurità! :.
Poi parlammo per
circa mezz'ora
sulle condizioni
necessarie per
fare una buona
confessione e si
concluse:
'Bisogna cambiar
vita... Bisogna
cambiar vita'.
- Ora che hai
visto i tormenti
dei dannati,
bisogna che
anche tu provi
un poco
l'inferno!
Usciti da
quell'orribile
edificio, la
guida afferrò la
mia mano e toccò
l'ultimo muro
esterno. Io
emisi un grido
di dolore.
Cessata la
visione, notai
che la mia mano
era realmente
gonfia e per una
settimana portai
la fasciatura."
Padre Giovan
Battista Ubanni,
gesuita,
racconta che una
donna per anni,
confessandosi,
aveva taciuto un
peccato di
impurità.
Arrivati in quel
luogo due
sacerdoti
domenicani, lei
che da tempo
aspettava un
confessore
forestiero,
pregò uno di
questi di
ascoltare la sua
confessione.
Usciti di
chiesa, il
compagno narrò
al confessore di
aver osservato
che, mentre
quella donna si
confessava,
uscivano dalla
sua bocca molti
serpenti, però
un serpente più
grosso era
uscito solo col
capo, ma poi era
rientrato di
nuovo. Allora
anche tutti i
serpenti che
erano usciti
rientrarono.
Ovviamente il
confessore non
parlò di ciò che
aveva udito in
Confessione, ma
sospettando quel
che poteva
essere successo
fece di tutto
per ritrovare
quella donna.
Quando arrivò
presso la sua
abitazione,
venne a sapere
che era morta
appena rientrata
in casa. Saputa
la cosa, quel
buon sacerdote
si rattristò e
pregò per la
defunta. Questa
gli apparve in
mezzo alle
fiamme e gli
disse: "lo sono
quella donna che
si è confessata
questa mattina;
ma ho fatto un
sacrilegio.
Avevo un peccato
che non mi
sentivo di
confessare al
sacerdote del
mio paese; Dio
mi mandò te, ma
anche con te mi
lasciai vincere
dalla vergogna e
subito la Divina
Giustizia mi ha
colpito con la
morte mentre
entravo in casa.
Giustamente sono
condannata
all'inferno!".
Dopo queste
parole si aprì
la terra e fu
vista
precipitare e
sparire.
Scrive il Padre
Francesco
Rivignez
(l'episodio è
riportato anche
da Sant'Alfonso)
che in
Inghilterra,
quando c'era la
religione
cattolica, il re
Anguberto aveva
una figlia di
rara bellezza
che era stata
chiesta in sposa
da diversi
principi.
Interrogata dal
padre se
accettasse di
sposarsi,
rispose che non
poteva perché
aveva fatto il
voto di perpetua
verginità.
II padre ottenne
dal Papa la
dispensa, ma lei
rimase ferma nel
suo proposito di
non servirsene e
di vivere
ritirata in
casa. II padre
l'accontentò.
Cominciò a fare
una vita santa:
preghiere,
digiuni e varie
altre penitenze;
riceveva i
Sacramenti e
andava spesso a
servire gli
infermi in un
ospedale. In
tale stato di
vita si ammalò e
morì.
Una donna che
era stata sua
educatrice,
trovandosi una
notte in
preghiera, sentì
nella stanza un
gran fracasso e
subito dopo vide
un'anima con
l'aspetto di
donna in mezzo a
un gran fuoco e
incatenata tra
molti demoni...
- lo sono
l'infelice
figlia del re
Anguberto.
- Ma come, tu
dannata con una
vita così santa?
- Giustamente
sono dannata...
per colpa mia.
Da bambina io
caddi in un
peccato contro
la purezza.
Andai a
confessarmi, ma
la vergogna mi
chiuse la bocca:
invece di
accusare
umilmente il mio
peccato, lo
coprii in modo
che il
confessore non
capisse nulla.
Il sacrilegio si
è ripetuto molte
volte. Sul letto
di morte io
dissi al
confessore,
vagamente, che
ero stata una
grande
peccatrice, ma
il confessore,
ignorando il
vero stato della
mia anima, mi
impose di
scacciare questo
pensiero come
una tentazione.
Poco dopo spirai
e fui condannata
per tutta
l'eternità alle
fiamme
dell'inferno.
Detto questo
disparve, ma con
così tanto
strepito che
sembrava
trascinasse il
mondo e
lasciando in
quella camera un
odore ributtante
che durò
parecchi giorni.
L'inferno è la
testimonianza
del rispetto che
Dio ha per la
nostra libertà.
L'inferno grida
il pericolo
continuo in cui
si trova la
nostra vita; e
grida in modo
tale da
escludere ogni
leggerezza,
grida in modo
costante da
escludere ogni
frettolosità,
ogni
superficialità,
perché siamo
sempre in
pericolo. Quando
mi annunciarono
l'episcopato, la
prima parola che
dissi fu questa:
"Ma io ho paura
di andare
all'inferno."
(Card. Giuseppe
Siri)
V
I MEZZI CHE
ABBIAMO PER NON
FINIRE
ALL'INFERNO
LA NECESSITA’ DI
PERSEVERARE
Che cosa
raccomandare a
chi già osserva
la Legge di Dio?
La perseveranza
nel bene! Non
basta essersi
incamminati
sulle vie del
Signore, è
necessario
continuare per
tutta la vita.
Dice Gesù: "Chi
avrà perseverato
sino alla fine
sarà salvato"
(Mc 13, 13).
Molti, finché
sono bambini,
vivono
cristianamente,
ma quando
cominciano a
farsi sentire le
bollenti
passioni
giovanili,
imboccano la via
del vizio. Come
è stata triste
la fine di Saul,
di Salomone, di
Tertulliano e di
altri grandi
personaggi!
La perseveranza
è frutto della
preghiera,
perché è
principalmente
per mezzo
dell'orazione
che l'anima
riceve gli aiuti
necessari a
resistere agli
assalti del
demonio. Nel suo
libro 'Del gran
mezzo della
preghiera'
Sant'Alfonso
scrive: "Chi
prega si salva,
chi non prega si
danna". Chi non
prega, anche
senza che il
demonio lo
spinga...
all'inferno ci
va con i propri
piedi!
È consigliabile
la seguente
preghiera che
Sant'Alfonso ha
inserito nelle
sue meditazioni
sull'inferno:
'O mio Signore,
ecco ai tuoi
piedi chi ha
tenuto in poco
conto la tua
grazia e i tuoi
castighi. Povero
me se tu, Gesù
mio, non avessi
pietà di me! Da
quanti anni mi
troverei in
quella voragine
ardente, dove
già bruciano
tante persone
come me! O mio
Redentore, come
non bruciare di
amore pensando a
questo? Come
potrò, in
avvenire,
offenderti di
nuovo? Non sia
mai, Gesù mio,
piuttosto fammi
morire. Già che
hai iniziato,
compi in me la
tua opera. Fa'
che il tempo che
mi dai io lo
spenda tutto per
te. Quanto
vorrebbero i
dannati poter
avere un giorno
o anche solo
un'ora del tempo
che a me
concedi! E io
che ne farò?
Continuerò a
spenderlo in
cose che ti
disgustano? No,
Gesù mio, non
permetterlo per
i meriti di quel
Sangue che
finora mi ha
impedito di
finire
all'inferno. E
Tu, Regina e
Madre mia,
Maria, prega
Gesù per me e
ottienimi il
dono della
perseveranza.
Amen."
L'AIUTO DELLA
MADONNA
La vera
devozione alla
Madonna è un
pegno di
perseveranza,
perché la Regina
del Cielo e
della terra fa
di tutto
affinché i suoi
devoti non
vadano
eternamente
perduti.
La recita
quotidiana del
Rosario, sia
cara a tutti!
Un grande
pittore,
raffigurando il
Giudice divino
nell'atto di
emettere la
sentenza eterna,
ha dipinto
un'anima ormai
vicina alla
dannazione, poco
distante dalle
fiamme, ma
quest'anima,
aggrappandosi
alla corona del
Rosario, viene
salvata dalla
Madonna. Quanto
è potente la
recita del
Rosario!
Nel 1917 la
Vergine
Santissima
apparve a Fatima
a tre fanciulli;
quando aprì le
mani ne sgorgò
un fascio di
luce che
sembrava
penetrasse la
terra. I
fanciulli videro
allora, ai piedi
della Madonna,
come un grande
mare di fuoco e,
immersi in esso,
neri demoni e
anime in forma
umana simili a
braci
trasparenti che,
trascinati in
alto dalle
fiamme,
ricadevano giù
come faville nei
grandi incendi,
fra grida di
disperazione che
facevano
inorridire.
A tale scena i
veggenti
alzarono gli
occhi alla
Madonna per
chiedere
soccorso e la
Vergine
soggiunse:
"Questo è
l'inferno dove
vanno a finire
le anime dei
poveri
peccatori.
Recitate il
Rosario e
aggiungete ad
ogni posta:
`Gesù mio,
perdona le
nostre colpe,
preservaci dal
fuoco
dell'inferno e
porta in cielo
tutte le anime,
specialmente le
più bisognose
della tua
misericordia:".
Quanto è
eloquente
l'accorato
invito della
Madonna!
I DEBOLI DI
VOLONTA’
II pensiero
dell'inferno
giova
soprattutto a
coloro che
zoppicano nella
pratica della
vita cristiana e
sono assai
deboli di
volontà. Costoro
cadono
facilmente nel
peccato mortale,
si rialzano per
qualche giorno e
poi... ritornano
a peccare. Sono
un giorno di Dio
e l'altro giorno
del diavolo.
Questi fratelli
ricordino le
parole di Gesù:
"Nessun servo
può servire a
due padroni" Lc
16, 13).
Normalmente è il
vizio impuro che
tiranneggia
questa categoria
di persone; non
sanno
controllare lo
sguardo, non
hanno la forza
di dominare gli
affetti del
cuore, o di
rinunciare a un
divertimento
illecito. Chi
vive così abita
sull'orlo
dell'inferno. E
se Dio troncasse
la vita quando
l'anima è in
peccato?
"Speriamo che
questa disgrazia
non mi capiti",
dice qualcuno.
Anche altri
dicevano così...
ma poi sono
finiti male.
Un altro pensa:
"Mi metterò di
buona volontà
fra un mese, fra
un anno, o
quando sarò
vecchio". Ma tu
sei sicuro del
domani? Non vedi
come sono in
continuo aumento
le morti
improvvise?
Qualcun altro
cerca di
illudersi: "Poco
prima della
morte sistemerò
ogni cosa". Ma
come pretendi
che Dio ti usi
misericordia sul
letto di morte,
dopo aver
abusato della
sua misericordia
per tutta la
vita? E se poi
te ne mancasse
la possibilità?
A quelli che
ragionano in
questo modo e
vivono nel
gravissimo
pericolo di
piombare
all'inferno,
oltre alla
frequenza ai
Sacramenti della
Confessione e
della Comunione,
si raccomanda...
1) Vigilare
attentamente,
dopo la
Confessione, per
non commettere
la prima colpa
grave. Se si
cadesse...
rialzarsi subito
ricorrendo di
nuovo alla
Confessione. Se
non si fa così,
facilmente si
cadrà una
seconda volta,
una terza
volta... e
chissà quante
altre!
2) Fuggire le
occasioni
prossime del
peccato grave.
Dice il Signore:
"Chi ama il
pericolo in esso
si perderà" (Sir
3, 25). Una
volontà debole,
davanti al
pericolo, cade
facilmente.
3) Nelle
tentazioni
pensare: “Val la
pena, per un
momento di
piacere,
rischiare
un'eternità di
sofferenze? È
Satana che mi
tenta, per
strapparmi a Dio
e portarmi
all'inferno. Non
voglio cadere
nella sua
trappola!”.
È NECESSARIO
MEDITARE
A tutti è utile
meditare il
mondo va male
perché non
medita, non
riflette più!
Visitando una
buona famiglia
incontrai una
vecchietta
arzilla, serena
e lucida di
mente nonostante
gli oltre
novant'anni.
“Padre, - mi
disse - quando
ascolta le
confessioni dei
fedeli
raccomandi loro
di fare un po'
di meditazione
ogni giorno. Mi
ricordo che,
quand'ero
giovane, il mio
confessore mi
esortava spesso
a trovare un po'
di tempo per la
riflessione
tutti i giorni.”
Risposi: "In
questi tempi è
già difficile
convincerli ad
andare a Messa
alla festa, a
non lavorare, a
non bestemmiare,
ecc... ".
Eppure, come
aveva ragione
quell'anziana
signora! Se non
si prende la
buona abitudine
di riflettere un
po' ogni giorno
si perde di
vista il senso
della vita, si
spegne il
desiderio di un
profondo
rapporto col
Signore e,
mancando questo,
non si riesce a
fare nulla o
quasi di buono e
non si trova il
motivo e la
forza per
evitare ciò che
è male. Chi
medita con
assiduità, è
quasi
impossibile che
viva in
disgrazia di Dio
e che vada a
finire
all'inferno.
IL PENSIERO
DELL’INFERNO È
UNA LEVA POTENTE
II pensiero
dell'inferno
genera i Santi.
Milioni di
martiri, dovendo
scegliere tra il
piacere, la
ricchezza, gli
onori... e la
morte per Gesù,
hanno preferito
la perdita della
vita piuttosto
che andare
all'inferno,
memori delle
parole del
Signore: "A che
serve all'uomo
guadagnare il
mondo intero se
poi perde la sua
anima?" (cfr. Mt
16, 26).
Schiere di anime
generose
lasciano
famiglia e
patria per
portare la luce
del Vangelo agli
infedeli in
terre lontane.
Così facendo si
assicurano
meglio l'eterna
salvezza.
Quanti religiosi
abbandonano
anche i piaceri
leciti della
vita e si danno
alla
mortificazione,
per raggiungere
più facilmente
la vita eterna
in paradiso!
E quanti uomini
e donne, sposati
o no, pur con
non pochi
sacrifici
osservano i
Comandamenti di
Dio e si
impegnano in
opere di
apostolato e di
carità!
Chi sostiene
tutte queste
persone in una
fedeltà e
generosità
certamente non
facili? È il
pensiero che
saranno
giudicati da Dio
e premiati col
paradiso o
castigati con
l'inferno
eterno.
E quanti esempi
di eroismo
troviamo nella
storia della
Chiesa! Una
ragazzina di
dodici anni,
Santa Maria
Goretti, si
lasciò uccidere
piuttosto che
offendere Dio e
dannarsi. Cercò
di fermare il
suo violentatore
e assassino
dicendogli: "No,
Alessandro, se
fai questo vai
all'inferno!"
San Tommaso
Moro, gran
cancelliere
d'Inghilterra,
alla moglie che
lo sollecitava a
cedere
all'ordine del
re,
sottoscrivendo
una decisione
contro la
Chiesa, rispose:
"Che cosa sono
venti, trenta, o
quarant'anni di
vita comoda in
confronto
all'inferno?".
Non sottoscrisse
e fu condannato
a morte. Oggi è
Santo.
POVERI GAUDENTI!
Nella vita
terrena, buoni e
cattivi vivono
insieme come il
grano e la
zizzania si
trovano nello
stesso campo, ma
alla fine del
mondo l'umanità
sarà divisa in
due schiere,
quella dei
salvati e quella
dei dannati. II
Giudice Divino
confermerà
allora
solennemente la
sentenza data a
ciascuno subito
dopo la morte.
Con un po' di
fantasia,
proviamo a
immaginare la
comparsa davanti
a Dio di
un'anima
cattiva, che
sentirà fioccare
su di sé la
sentenza di
condanna. In un
lampo sarà
giudicata.
Vita gaudente...
libertà dei
sensi...
divertimenti
peccaminosi...
indifferenza
totale o quasi
nei confronti di
Dio... derisione
della vita
eterna e
specialmente
dell'inferno...
In un lampo la
morte tronca il
filo della sua
esistenza quando
meno se
l'aspetta.
Liberata dai
legami della
vita terrena,
quell'anima si
trova subito
davanti a Cristo
Giudice e
comprende fino
in fondo di
essersi
ingannata
durante la
vita...
- Dunque, c'è
un'altra
vita!... Come
sono stata
stolta! Se
potessi tornare
indietro e
rimediare al
passato!...
- Rendimi conto,
o mia creatura,
di ciò che hai
fatto in vita. -
Ma io non sapevo
di dover
sottostare ad
una legge
morale.
- lo, tuo
Creatore e Sommo
Legislatore, ti
chiedo: Che ne
hai fatto dei
miei
Comandamenti?
- Ero convinta
che non ci fosse
un'altra vita o
che, comunque,
tutti si
sarebbero
salvati.
- Se tutto
finisse con la
morte, Io, tuo
Dio, mi sarei
fatto Uomo
inutilmente e
inutilmente
sarei morto su
una croce!
- Sì, ho sentito
di questa cosa,
ma non vi ho
dato peso; per
me era una
notizia
superficiale.
- Non ti ho dato
l'intelligenza
per conoscermi e
per amarmi? Ma
tu hai preferito
vivere come le
bestie... senza
testa. Perché
non hai imitato
la condotta dei
miei buoni
discepoli?
Perché non mi
hai amato fin
che eri sulla
terra? Tu hai
consumato il
tempo che ti ho
dato alla caccia
di piaceri...
Perché non hai
mai pensato
all'inferno? Se
tu l'avessi
fatto, mi
avresti onorato
e servito, se
non per amore
almeno per
timore!
- Dunque, per me
c'è
l'inferno?...
- Sì, e per
tutta
l'eternità.
Anche il ricco
epulone di cui
ti ho parlato
nel Vangelo non
credeva
all'inferno...
eppure vi è
finito dentro. A
te la stessa
sorte!... Vai,
anima maledetta,
nel fuoco
eterno!
In un attimo
l'anima si trova
nel fondo degli
abissi, mentre
il suo cadavere
è ancora caldo e
si preparano i
funerali...
"Maledetta me!
Per la gioia di
un attimo, che è
svanita come un
lampo, dovrò
bruciare in
questo fuoco,
lontana da Dio,
per sempre! Se
non avessi
coltivato quelle
amicizie
pericolose... Se
avessi pregato
di più, se
avessi ricevuto
più spesso i
Sacramenti...
non mi troverei
in questo luogo
di estremi
tormenti!
Maledetti
piaceri!
Maledetti beni!
Ho calpestato la
giustizia e la
carità per avere
un po' di
ricchezza... Ora
altri se la
godono e io devo
scontare qui per
tutta
l'eternità. Ho
agito da pazza!
Speravo di
salvarmi, ma mi
è mancato il
tempo di
rimettermi in
grazia. La colpa
è stata mia.
Sapevo che mi
sarei potuta
dannare, ma ho
preferito
continuar a
peccare. La
maledizione cada
su chi mi dato
il primo
scandalo. Se
potessi
ritornare in
vita... come
cambierebbe la
mia condotta!"
Parole...
parole...
parole... Troppo
tardi
ormai...!!!
L'inferno è una
morte senza
morte, una fine
senza fine.
(San Gregorio
Magno)
VI
NELLA
MISERICORINA DI
GESU’ E’ LA
NOSTRA SALVEZZA
LA MISERICORDIA
DIVINA
II parlare
soltanto
dell'inferno e
della divina
Giustizia
potrebbe farci
cadere nella
disperazione di
poterci salvare.
Essendo noi così
deboli, abbiamo
bisogno di
sentir parlare
anche della
divina
misericordia (ma
non solo di
questa, perché
altrimenti
rischieremmo di
cadere nella
presunzione di
salvarci senza
merito).
Dunque...
giustizia e
misericordia:
non l'una senza
l'altra! Gesù
desidera
convertire i
peccatori e
allontanarli
dalla via della
perdizione. Egli
è venuto nel
mondo per
procurare la
vita eterna a
tutti e desidera
che nessuno si
danni.
Nel libretto
"Gesù
misericordioso",
contenente le
confidenze fatte
da Gesù alla
Beata Suor Maria
Faustina
Kowalska, dal
1931 al 1938, si
legge tra
l'altro: "Ho
tutta la vita
eterna per usare
la giustizia e
ho solo la vita
terrena in cui
posso usare la
misericordia;
ora voglio usare
misericordia!".
Gesù, dunque,
vuole perdonare;
non c'è colpa
tanto grande che
Egli non possa
distruggere
nelle fiamme del
suo Cuore
divino. L'unica
condizione
assolutamente
richiesta per
ottenere la sua
misericordia è
l'odio al
peccato.
UN MESSAGGIO DAL
CIELO
In questi ultimi
tempi, in cui il
male sta
dilagando nel
mondo in modo
impressionante,
il Redentore ha
mostrato con più
intensità la sua
misericordia,
fino a voler
dare un
messaggio
all'umanità
peccatrice.
Per questo, cioè
per attuare i
suoi disegni di
amore, si è
servito di una
creatura
privilegiata:
Josepha Menendez.
Il 10 giugno del
1923 Gesù
apparve alla
Menendez. Aveva
una bellezza
celestiale
improntata a
sovrana maestà.
La sua potenza
si manifestava
nel tono della
voce. Queste le
sue parole: 'Josepha,
scrivi per le
anime. Voglio
che il mondo
conosca il mio
Cuore. Voglio
che gli uomini
conoscano il mio
amore. Lo sanno
ciò che ho fatto
per loro? Gli
uomini cercano
la felicità
lontano da me,
ma inutilmente:
non la
troveranno.
Mi rivolgo a
tutti, agli
uomini semplici
come ai potenti.
A tutti mostrerò
che se cercano
la felicità, lo
sono la
Felicità; se
cercano la pace,
lo sono la Pace;
lo sono la
Misericordia e
l'Amore. Voglio
che questo Amore
sia il sole che
illumina e
riscalda le
anime.
Voglio che il
mondo intero mi
conosca come il
Dio della
misericordia e
dell'Amore!
Voglio che gli
uomini conoscano
il mio ardente
desiderio di
perdonarli e di
salvarli dal
fuoco
dell'inferno. I
peccatori non
temano, i più
colpevoli non mi
sfuggano. Li
attendo come un
Padre, a braccia
aperte, per dare
loro il bacio di
pace e la vera
felicità.
Il mondo ascolti
queste parole.
Un padre aveva
un unico figlio.
Ricchi e
potenti,
vivevano in
grande
agiatezza,
circondati da
servi.
Pienamente
felici, non
avevano bisogno
di alcuno per
aumentare la
loro felicità.
Il padre era la
gioia del figlio
e il figlio la
gioia del padre.
Avevano cuori
nobili e
sentimenti
caritatevoli: la
minima miseria
altrui li
muoveva a
compassione. Uno
dei servi di
questo buon
signore si
ammalò
gravemente e
certamente
sarebbe morto se
gli fossero
mancati
l'assistenza e i
rimedi adatti.
Quel servo era
povero e viveva
solo. Che fare?
Lasciarlo
morire? Quel
signore non
voleva. Per
curarlo invierà
qualche altro
dei suoi servi?
Non starebbe
tranquillo
perché,
curandolo questi
più per
interesse che
per amore, non
gli avrebbe dato
tutte quelle
attenzioni di
cui hanno
bisogno i
malati. Quel
padre,
angosciato,
confidò al
figlio la sua
inquietudine per
quel povero
servo. Il
figlio, che
amava suo padre
e ne condivideva
i sentimenti, si
offrì di curare
egli stesso quel
servo, con
premura, senza
badare a
sacrifici e a
stanchezza, pur
di ottenere la
desiderata
guarigione. Il
padre accettò e
sacrificò la
compagnia del
figlio; questi a
sua volta
rinunciò
all'affetto e
alla compagnia
del padre e,
facendosi servo
del suo servo,
si dedicò
interamente alla
sua assistenza.
Gli prodigò
mille
attenzioni, gli
provvide quanto
era necessario e
tanto fece, con
infiniti
sacrifici suoi,
che in poco
tempo quel servo
infermo guarì.
Pieno di
ammirazione per
quanto il
padrone aveva
fatto per lui,
il servo chiese
come avrebbe
potuto mostrare
la sua
riconoscenza. Il
figlio gli
suggerì di
presentarsi al
padre suo e,
visto che ormai
era guarito, di
offrirsi
nuovamente al
suo servizio,
rimanendo in
quella casa come
uno dei servi
più fedeli. Il
servo obbedì e,
tornato al suo
antico compito,
per mostrare la
sua
riconoscenza,
compiva il suo
dovere con la
più grande
disponibilità,
anzi, si offrì
di servire il
suo padrone
senza essere
pagato, ben
sapendo che non
ha bisogno di
essere
retribuito come
dipendente chi
in quella casa è
già trattato
come un figlio.
Questa parabola
non è che una
debole immagine
del mio amore
per gli uomini e
della risposta
che mi aspetto
da loro.
La spiegherò
gradatamente,
perché voglio
che si conoscano
i miei
sentimenti, il
mio amore, il
mio Cuore."
SPIEGAZIONE
DELLA PARABOLA
"Dio creò l'uomo
per amore e lo
collocò in tale
condizione che
nulla poteva
mancare al suo
benessere sulla
terra, fino a
che non fosse
giunto alla
felicità eterna
nell'altra vita.
Ma, per ottenere
questa, doveva
sottomettersi
alla volontà
divina,
osservando le
leggi sapienti e
non gravose
impostegli dal
Creatore.
L'uomo, però,
infedele alla
legge di Dio,
commise il primo
peccato e
contrasse così
quella grave
infermità che
doveva condurlo
alla morte
eterna. Per il
peccato del
primo uomo e
della prima
donna, tutti i
loro discendenti
furono gravati
dalle più amare
conseguenze:
tutto il genere
umano perdette
il diritto che
Dio gli aveva
concesso, di
possedere la
felicità
perfetta nel
Cielo e da
allora in poi
dovette
tribolare,
soffrire e
morire.
Per essere
felice Dio non
ha bisogno né
dell'uomo né dei
suoi servizi,
perché basta a
se stesso. La
sua gloria è
infinita e
nessuno può
diminuirla. Però
Dio, che è
infinitamente
potente e
infinitamente
buono ed ha
creato l'uomo
soltanto per
amore, come
potrà lasciarlo
patire e poi
morire in quel
modo? No! Gli
darà un'altra
prova di amore
e, di fronte a
un male
infinito, gli
offre un rimedio
di valore
infinito. Una
delle tre Divine
Persone prenderà
la natura umana
e riparerà il
male causato dal
peccato.
Dal Vangelo
conoscete la sua
vita terrena.
Sapete come dal
primo momento
della sua
Incarnazione si
sottomise a
tutte le miserie
della natura
umana. Da
bambino soffrì
il freddo, la
fame, la povertà
e le
persecuzioni.
Come lavoratore
fu spesso
umiliato e
disprezzato come
il figlio del
povero
falegname.
Quante volte,
dopo aver
portato il peso
di una lunga
giornata di
lavoro, Lui e il
suo Padre
putativo si
trovarono la
sera ad aver
appena
guadagnato il
minimo per
sopravvivere. E
così visse per
trent'anni.
A quell'età
abbandonò la
dolce compagnia
di sua Madre e
si consacrò a
far conoscere il
suo Padre del
Cielo,
insegnando a
tutti che Dio è
Amore. Passò
facendo solo del
bene ai corpi e
alle anime; ai
malati diede la
salute, ai morti
la vita e alle
anime... alle
anime rese la
libertà perduta
con il peccato
ed aprì loro le
porte della vera
patria: il
paradiso.
Venne poi l'ora
in cui, per
ottenere la loro
salvezza eterna,
il Figlio di Dio
volle dare la
sua stessa vita.
E in che modo
morì? Circondato
dagli amici?...
Acclamato dalla
folla come un
benefattore?...
Anime carissime,
voi sapete che
il Figlio di Dio
non volle morire
così. Egli, che
non aveva
seminato altro
che amore, fu
vittima
dell'odio. Egli
che aveva
portato la pace
nel mondo, fu
vittima di una
crudeltà feroce.
Egli che aveva
reso la libertà
agli uomini, fu
legato, fu
imprigionato, fu
maltrattato, fu
bestemmiato, fu
calunniato e
morì infine su
una croce tra
due ladri,
disprezzato,
abbandonato,
povero e
spogliato di
tutto!
Così si
sacrificò per
salvare gli
uomini. Così
compì l'opera
per la quale
aveva lasciato
la gloria del
Padre suo.
L'uomo era
gravemente
malato e il
Figlio di Dio
venne a lui. Non
soltanto gli
rese la vita, ma
gli ottenne la
forza e i mezzi
necessari per
acquistare
quaggiù il
tesoro
dell'eterna
felicità.
Come ha risposto
l'uomo a questo
immenso amore?
Si è offerto
come il buon
servitore della
parabola al
servizio del suo
Signore senza
altro interesse
che gli
interessi di
Dio? Qui bisogna
distinguere le
differenti
risposte date
dall'uomo al suo
Signore.
Alcuni mi hanno
veramente
conosciuto e,
spinti
dall'amore,
hanno sentito
accendersi in
cuore il vivo
desiderio di
dedicarsi
completamente e
senza interesse
al mio servizio,
che è quello del
Padre mio. Gli
hanno chiesto
che cosa
avrebbero potuto
fare di più per
Lui e il Padre
mio ha loro
risposto:
'Lasciate la
vostra casa, i
vostri beni e
voi stessi e
venite dietro a
me per fare
quello che vi
dirò'.
Altri si sono
sentiti
commuovere il
cuore alla vista
di ciò che il
Figlio di Dio ha
fatto per
salvarli. Pieni
di buona
volontà, si sono
presentati a Lui
chiedendogli
come avrebbero
potuto
corrispondere
alla sua bontà e
lavorare per i
suoi interessi,
senza però
abbandonare i
propri. A
costoro il Padre
mio ha risposto:
'Osservate la
legge che Io,
vostro Dio, vi
ho dato.
Osservate i miei
Comandamenti
senza sviarvi né
a destra né a
sinistra; vivete
nella pace dei
servi fedeli'.
Altri poi hanno
capito ben poco
quanto Dio li
ami. Tuttavia un
po' di buona
volontà ce
l'hanno e vivono
sotto la sua
legge, più per
l'inclinazione
naturale al bene
che per amore.
Questi però non
sono dei servi
volontari e
volonterosi,
perché non si
sono offerti con
gioia agli
ordini del loro
Dio; ma siccome
in essi non c'è
cattiva volontà,
in molti casi
basta loro un
invito perché si
prestino al suo
servizio.
Altri ancora si
sottomettono a
Dio più per
interesse che
per amore e solo
nella stretta
misura
necessaria per
la ricompensa
finale promessa
a chi osserva la
sua legge.
E poi ci sono
coloro che non
si sottomettono
al loro Dio, né
per amore, né
per timore.
Molti lo hanno
conosciuto e
disprezzato...
molti non sanno
neppure chi
sia... A tutti
dirò una parola
di amore!
Parlerò prima a
coloro che non
mi conoscono.
Sì, a voi figli
carissimi, parlo
a voi che sin
dall'infanzia
vivete lontano
dal Padre.
Venite! Vi dirò
perché non lo
conoscete e
quando
comprenderete
chi è e quale
Cuore amante e
tenero ha per
voi, non potrete
resistere al suo
amore. Capita
spesso che
coloro che
crescono lontani
dalla casa
paterna non
provino alcun
affetto per i
genitori. Ma se
un giorno
esperimentano la
tenerezza del
padre e della
madre non si
staccano più da
loro e li amano
più di quelli
che sono sempre
stati con i loro
genitori.
Parlo anche ai
miei nemici... A
voi che non
soltanto non mi
amate, ma mi
perseguitate col
vostro odio
chiedo soltanto:
'Perché questo
odio così
accanito? Che
male vi ho fatto
perché mi
maltrattiate
così? Molti non
si sono mai
fatta questa
domanda ed ora
che Io stesso la
rivolgo a loro,
forse
risponderanno:
'Sento dentro di
me questo odio,
ma non so come
spiegarlo'.
Ebbene,
risponderò io
per voi.
Se nella vostra
infanzia non mi
avete conosciuto
è stato perché
nessuno vi ha
insegnato a
conoscermi.
Mentre voi
crescevate, le
inclinazioni
naturali,
l'attrattiva per
il piacere, il
desiderio della
ricchezza e
della libertà
sono cresciuti
con voi. Poi un
giorno avete
sentito parlare
di me; avete
sentito dire che
per vivere
secondo la mia
volontà,
occorreva
sopportare e
amare il
prossimo,
rispettare i
suoi diritti e i
suoi beni,
sottomettere e
incatenare la
propria natura,
insomma, vivere
sotto una legge.
E voi che, fin
dai primi anni
non viveste che
seguendo il
capriccio della
vostra volontà e
gli impulsi
delle vostre
passioni, voi
che non sapevate
di quale legge
si trattasse,
avete protestato
con forza: - Non
voglio altra
legge che i miei
desideri; voglio
godere ed essere
libero!: Ecco
perché avete
cominciato a
odiarmi e a
perseguitarmi.
Ma io, che sono
vostro Padre, vi
amavo e, mentre
con tanto
accanimento
lavoravate
contro di me, il
mio Cuore più
che mai si
riempiva di
tenerezza per
voi. Così
trascorsero
troppi anni
della vostra
vita...
Oggi non posso
contenere più a
lungo il mio
amore per voi e,
vedendovi in
guerra aperta
contro Colui che
tanto vi ama,
vengo a dirvi lo
stesso chi sono.
Figli
amatissimi, lo
sono Gesù. Il
mio nome
significa:
Salvatore; per
questo ho le
mani forate dai
chiodi che mi
tennero confitto
in croce, su cui
morii per vostro
amore; i miei
piedi portano i
segni delle
stesse piaghe e
il mio Cuore è
stato aperto
dalla lancia che
lo trafisse dopo
la mia morte.
Così mi presento
a voi, per
insegnarvi chi
sono e quale sia
la mia legge;
non vi
intimorite: è
legge di amore.
Se e quando mi
conoscerete,
troverete la
pace e la
felicità. Vivere
come orfani è
ben triste.
Venite,
figlioli, venite
al Padre vostro.
Sono il vostro
Dio e il vostro
Padre, il vostro
Creatore e il
vostro
Salvatore; voi
siete le mie
creature, i miei
figli ed anche i
miei redenti,
perché a prezzo
del mio sangue e
della mia vita
vi ho riscattati
dalla schiavitù
del peccato.
Avete un'anima
immortale,
dotata delle
facoltà
necessarie per
operare il bene
e capace di
godere eterna
felicità. Forse,
all'udire le mie
parole voi
direte: - Non
abbiamo fede,
non crediamo
alla vita
futura!...'. Non
avete fede? Non
credete in me?
Perché allora mi
perseguitate?
Perché
desiderate la
libertà per voi,
ma poi non la
lasciate a
coloro che mi
amano? Non
credete alla
vita eterna?
Ditemi: siete
felici così? Ben
sapete che avete
bisogno di
qualche cosa che
non trovate e
non potete
trovare sulla
terra. Il
piacere che
cercate non vi
soddisfa...
Credete nel mio
amore e nella
mia
misericordia. Mi
avete offeso? lo
vi perdono. Mi
avete
perseguitato? lo
vi amo. Mi avete
ferito con le
parole e con le
opere? lo voglio
farvi del bene e
offrirvi i miei
tesori. Non
crediate che lo
ignori come
siete vissuti
finora. So che
avete
disprezzato le
mie grazie e che
qualche volta
avete profanato
i miei
Sacramenti. Non
importa, lo vi
perdono!
Sì, vi voglio
perdonare! lo
sono la
Sapienza, la
Felicità, la
Pace, sono la
Misericordia e
l'Amore!"
Ho riportato
solo alcuni
brani, i più
significativi,
del messaggio
del Sacro Cuore
di Gesù al
mondo.
Da questo
messaggio
traspare di
continuo il
grandissimo
desiderio che ha
Gesù di
convertire i
peccatori per
salvarli dal
fuoco eterno.
Infelici coloro
che fanno i
sordi alla sua
voce! Se non
lasciano il
peccato, se non
si danno
all'amore di
Dio, per tutta
l'eternità
saranno vittime
del loro odio al
Creatore.
Se finché sono
su questa terra
non accolgono la
divina
misericordia,
nell'altra vita
dovranno subire
la potenza della
giustizia
divina. È cosa
orrenda cadere
nelle mani del
Dio vivente!
NON PENSIAMO
SOLO ALLA NOSTRA
SALVEZZA
Forse questo
scritto verrà
letto da alcuni
che vivono in
peccato;
qualcuno forse
si convertirà;
qualcun altro,
invece, con un
sorrisino di
compatimento,
esclamerà:
"Sciocchezze,
sono storielle
che vanno bene
per le
vecchiette!".
A chi invece
leggerà con
interesse e con
una certa
trepidazione
queste pagine
dico...
Voi vivete in
una famiglia
cristiana, ma
forse non tutti
i vostri cari
sono in amicizia
con Dio. Forse
il marito, o un
figlio, o il
papà, o una
sorella, o un
fratello non
ricevono da anni
i santi
Sacramenti,
perché schiavi
dell'indifferenza,
dell'odio, della
lussuria, della
bestemmia,
dell'avidità, o
di altre
colpe... Come si
troveranno
questi vostri
cari nell'altra
vita se non si
ravvedono? Voi
li amate perché
sono vostro
prossimo e
vostro sangue.
Non dite mai: "A
me cosa
interessa?
Ognuno pensa
alla sua anima!"
La carità
spirituale, cioè
il prendersi
cura del bene
dell'anima e
della salvezza
dei fratelli, è
la cosa più
gradita a Dio.
Fate qualcosa
per la salvezza
eterna di quelli
che amate.
Diversamente,
starete con loro
nei pochi anni
di questa vita
terrena e poi
sarete separati
da loro in
eterno. Voi tra
i salvati... e
il papà, o la
mamma, o un
figlio o un
fratello tra i
dannati...! Voi
a godere la
gioia eterna...
e qualcuno dei
vostri cari nel
tormento
eterno...!
Potete
rassegnarvi
davanti a questa
possibile
prospettiva?
Pregate, pregate
molto per questi
bisognosi!
Diceva Gesù a
Suor Maria della
Trinità:
"Infelice il
peccatore che
non ha nessuno
che preghi per
lui!".
Gesù stesso ha
suggerito alla
Menendez la
preghiera da
fare per
convertire i
traviati:
rivolgersi alle
sue divine
piaghe. Gesù ha
detto: "Le mie
piaghe sono
aperte per la
salvezza delle
anime... Quando
si prega per un
peccatore,
diminuisce in
lui la forza di
Satana ed
aumenta la forza
che viene dalla
mia grazia. Per
lo più la
preghiera per un
peccatore ne
ottiene la
conversione, se
non subito,
almeno in punto
di morte".
Si raccomanda
dunque di
recitare, ogni
giorno, cinque
volte il "Padre
nostro' cinque
volte l"'Ave
Maria" e cinque
volte il
"Gloria" alle
cinque Piaghe di
Gesù. E poiché
la preghiera
unita al
sacrificio è più
potente, a chi
desidera qualche
conversione si
consiglia di
offrire ogni
giorno a Dio
cinque piccoli
sacrifici a
onore delle
stesse cinque
Divine Piaghe.
Utilissima è la
celebrazione di
qualche Santa
Messa per
richiamare al
bene i traviati.
Quanti, pur
essendo vissuti
male, hanno
avuto da Dio la
grazia di morire
bene per le
preghiere e i
sacrifici o
della sposa, o
della madre, o
di un figlio...!
CROCIATA PER
MORENTI
Peccatori nel
mondo ce ne sono
tanti, ma i più
a rischio,
quelli che hanno
più bisogno di
aiuto sono i
moribondi;
rimane loro solo
qualche ora o
forse pochi
istanti per
rimettersi in
grazia di Dio
prima di
presentarsi al
Tribunale
divino. La
misericordia di
Dio è infinita
ed anche
all'ultimo
istante può
salvare i più
grandi
peccatori: il
buon ladrone
sulla croce ce
ne ha dato la
prova.
Ci sono
moribondi tutti
i giorni e tutte
le ore. Se chi
dice di amare
Gesù se ne
interessasse,
quanti
sfuggirebbero
all'inferno! In
qualche caso può
bastare un
piccolo atto di
virtù per
strappare a
Satana una
preda.
Molto
significativo è
l'episodio
narrato ne
"L'invito
all'amore". Una
mattina la
Menendez, stanca
delle pene
sofferte
all'inferno,
sentiva il
bisogno di
riposare;
tuttavia,
ricordando ciò
che Gesù le
aveva detto:
"Scrivi quello
che vedi
nell'aldilà';
con non poca
fatica si mise a
tavolino. Nel
pomeriggio le
apparve la
Madonna che le
disse: "Tu,
figlia mia,
questa mattina
prima della
Messa hai
compiuto
un'opera buona
con sacrificio e
con amore in
quel momento
c'era un'anima
già prossima
all'inferno. Mio
Figlio Gesù ha
utilizzato il
tuo sacrificio e
quell'anima si è
salvata. Vedi,
figlia mia,
quante anime si
possono salvare
con dei piccoli
atti di amore!"
La crociata che
si raccomanda
alle anime buone
è questa:
1) Non
dimenticare
nelle preghiere
quotidiane le
anime
agonizzanti
della giornata.
Dire,
possibilmente
mattina e sera,
la giaculatoria:
"San Giuseppe,
Padre putativo
di Gesù e vero
Sposo di Maria
Vergine, prega
per noi e per
gli agonizzanti
di questo
giorno.
2) Offrire le
sofferenze della
giornata e le
altre opere
buone per i
peccatori in
genere e
specialmente per
i moribondi.
3) Alla
Consacrazione
nella S. Messa e
durante la
Comunione
invocare la
divina
misericordia
sugli
agonizzanti del
giorno.
4) Venendo a
conoscenza di
ammalati gravi,
far tutto il
possibile perché
ricevano i
conforti
religiosi. Se
qualcuno si
rifiutasse,
intensificare le
preghiere e i
sacrifici,
chiedere a Dio
qualche
sofferenza
particolare,
fino a mettersi
nello stato di
vittima, ma
questo solo col
permesso del
proprio padre
spirituale. È
quasi
impossibile, o
almeno molto
difficile che un
peccatore si
danni quando c'è
chi prega e
soffre per lui.
PENSIERO FINALE
Il Vangelo parla
chiaro:
Gesù ha
affermato più e
più volte che
l'inferno
esiste. Dunque,
se l'inferno non
ci fosse,
Gesù...
sarebbe un
calunniatore del
Padre suo...
perché lo
avrebbe
presentato non
come un padre di
misericordia, ma
come un
giustiziere
senza pietà;
sarebbe un
terrorista nei
nostri
confronti...
perché ci
minaccerebbe la
possibilità di
subire una
condanna eterna
che di fatto non
esisterebbe per
nessuno;
sarebbe un
bugiardo, un
prepotente, un
pover'uomo:..
perché
calpesterebbe la
verità,
minacciando
castighi
inesistenti, pur
di piegare gli
uomini alle sue
voglie malsane;
sarebbe un
torturatore
delle nostre
coscienze,
perché,
inoculandoci il
timore
dell'inferno, ci
farebbe perdere
la voglia di
godere in santa
pace certe gioie
"piccanti" della
vita.
SECONDO TE, GESÙ
PUO’ ESSERE
TUTTO QUESTO? E
QUESTO SAREBBE,
SE L'INFERNO NON
CI FOSSE!
CRISTIANO, NON
CADERE IN CERTI
TRABOCCHETTI!
POTREBBE
COSTARTI TROPPO
CARO...!!!
Se io fossi il
diavolo farei
una sola cosa;
esattamente ciò
che sta
avvenendo:
convincere la
gente che
l'inferno non
esiste, o
comunque che, se
c'è, non può
essere eterno.
Fatto questo,
tutto il resto
verrebbe da sé:
ognuno
arriverebbe a
concludere che
si può negare
qualunque altra
verità e
commettere
qualunque
peccato che...
gia tanto, prima
o poi, tutti
saranno salvi!
La negazione
dell'inferno è
l'asso nella
manica di
Satana: spalanca
le porte a
qualunque
disordine
morale.
(Don Enzo
Boninsegna)
HANNO DETTO
Tra noi da una
parte e
l'inferno o il
paradiso
dall'altra non
c'è di mezzo che
la vita: la cosa
più fragile che
esista.
(Blaise Pascal)
La vita ci è
stata data per
cercare Dio, la
morte per
trovarlo,
l'eternità per
possederlo.
(Nouet)
Un Dio solamente
misericordioso
sarebbe per
tutti una bella
pacchia; un Dio
solamente giusto
sarebbe un
terrore; e Dio
non è né una
pacchia né un
terrore per noi.
È un Padre, come
dice Gesù, che,
finché siamo
vivi è sempre
disposto ad
accogliere il
figlio prodigo
che torna a
casa, ma è anche
il padrone che,
alla fine della
giornata, dà a
tutti il giusto
salario
meritato.
(Gennaro Auletta)
Due cose
uccidono
l'anima: la
presunzione e la
disperazione.
Con la prima si
spera troppo,
con la seconda
troppo poco.
(Sant'Agostino)
Per salvarsi è
necessario
credere, per
dannarsi no!
L'inferno non è
la prova che Dio
non ama, bensì
che ci sono
uomini che non
vogliono amare
Dio, né essere
amati da Lui.
Nient'altro.
(Giovanni
Pastorino)
Una cosa mi
turba
profondamente ed
è che i
sacerdoti non
parlano più
dell'inferno. Lo
si passa
pudicamente
sotto silenzio.
Si sottintende
che tutti
andranno in
cielo senza
alcuno sforzo,
senza alcuna
convinzione
precisa. Non
dubitano nemmeno
che l'inferno
sta alla base
del
Cristianesimo,
che fu questo
pericolo a
strappare la
Seconda Persona
alla Trinità e
che la metà del
Vangelo ne è
piena. Se io
fossi
predicatore e
salissi in
cattedra,
proverei in
primo luogo il
bisogno di
avvertire il
gregge
addormentato
dello spaventoso
pericolo che sta
correndo.
(Paul Claudel)
Noi, fieri di
avere eliminato
l'inferno, lo
diffondiamo
adesso
dappertutto.
(Elias Canetti)
L'uomo può
sempre dire a
Dio...: "Non sia
fatta la tua
volontà!". È
questa libertà
che dà origine
all'inferno.
(Pavel Evdokimov)
Da quando l'uomo
non crede più
all'inferno, ha
trasformato la
sua vita in
qualcosa che
assomiglia molto
all'inferno.
Evidentemente
non può farne a
meno!
(Ennio Flaiano)
Ogni peccatore
accende da sé la
fiamma del
proprio fuoco;
non che sia
immerso in un
fuoco acceso da
altri ed
esistente prima
di lui. La
materia che
alimenta questo
fuoco sono i
nostri peccati.
(Origene)
L'inferno è la
sofferenza di
non poter più
amare. (Fédor
Dostoevskij)
È stato detto,
con
profondissima
intuizione, che
il paradiso
stesso per i
dannati sarebbe
un inferno,
nella loro ormai
inguaribile
distorsione
spirituale. Se
potessero, per
assurdo, uscire
dal loro
inferno, lo
ritroverebbero
nel paradiso,
avendo
considerate
nemiche la legge
e la grazia
dell'amore.
(Giovanni Casoli)
La Chiesa nel
suo insegnamento
afferma
l'esistenza
dell'inferno e
la sua eternità.
Le anime di
coloro che
muoiono in stato
di peccato
mortale, dopo la
morte discendono
immediatamente
negli inferi,
dove subiscono
le pene
dell'inferno,
"il fuoco
eterno"...
(1035). Il
peccato mortale
è una
possibilità
radicale della
libertà umana,
come lo stesso
amore... Se non
è riscattato dal
pentimento e dal
perdono di Dio,
provoca
l'esclusione dal
Regno di Cristo
e la morte
eterna
dell'inferno;
infatti la
nostra libertà
ha il potere di
fare scelte
definitive,
irreversibili...
(1861).
(Catechismo
della Chiesa
Cattolica) **
L'inferno è
lastricato di
buone
intenzioni.
“L’inferno è
lastricato di
buone
intenzioni”.
(San Bernardo di
Chiaravalle)